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Iniziano gli espropri per il Ponte della propaganda. Pd: “Prima servono risposte certe”

Salvini ha fretta. Il Ponte sullo Stretto, opera di cui si parla da decenni nel nostro Paese, deve avere la sua firma il prima possibile. Magari prima delle elezioni europee. Per questo motivo sono arrivate le lettere per l’esproprio di 450 case tra Sicilia e Calabria. Il primo passo sulla pelle della gente.

Eppure velocizzare l’inizio dell’iter per la costruzione del Ponte non fa altro che esasperare i toni. Qualche settimana fa la segretaria del Pd, Elly Sclhein era stata molto chiara: “Noi diciamo no al progetto sbagliato di questo ponte. Un progetto che Salvini sta portando avanti incurante del fatto che si tratti di un progetto anacronistico dannoso e sbagliato”. “Qualche giorno fa in Parlamento è emerso con nettezza che persino la relazione che ha visto il contribuito di un comitato scientifico ha chiarito che le prove del vento non sono state fatte e non è stata fatta un’adeguata zonizzazione per quanto riguarda i rischi sismici. Ci domandiamo perché tutta questa fretta? È una fretta che sembra elettorale che però non ha a cuore il vero destino di questa comunità e di questo territorio” ha concluso la segretaria dem.

La propaganda di Salvini, però non si ferma

Peppe Provenzano, parlamentare siciliano e membro della segreteria, ha scritto su X: “A Messina sono ore di angoscia, parte l’operazione espropri. Il Ponte di Salvini è anche questo: una devastazione sociale, migliaia di cittadini perderanno quartieri, abitazioni e attività, i sacrifici di una vita. Solidarietà e impegno contro un’opera vecchia inutile e dannosa”. Antonio Nicita, vicepresidente del gruppo dei senatori Pd, non nasconde la sua preoccupazione: “Oggi parte la complessa, lunga e per nulla scontata procedura degli espropri su un’ampia porzione dei territori che dovrebbero ospitare l’asserito progetto del Ponte di Messina. L’unica certezza per i cittadini è quella più facile d’avviare. Ma ciò avviene in quadro di assoluta incertezza circa il finanziamento dell’intera opera, la valutazione d’impatto ambientale, le caratteristiche tecniche dell’opera stessa, la soluzione delle tante criticità, la compatibilità ambientale e socio-economica. Peggio di un’opera inutile e dannosa c’è un’opera inutile, dannosa e incompleta. Già immaginiamo i nostri nipoti guardare piloni incompleti di centinaia di metri stagliarsi sul mare su un territorio devastato in memoria di un ponte che non si farà mai. Prima degli espropri servono risposte certe, tecniche e finanziarie, sull’opera che sarà un deserto sulle cattedrali”.

 

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