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“La destra soffia sul fuoco della paura ma cambiare approccio sull’immigrazione si può”. Intervista a Pierfrancesco Majorino

Dopo anni di stallo, polemiche, veti, accuse incrociate e interessi di parte, l’Unione europea ha trovato un accordo per un nuovo Patto per la migrazione e l’asilo. In tanti plaudono, a partire dalla Presidente Metsola che lo definisce storico, ma ad altrettanti non piace: la segretaria dem Schlein ha detto che ci sono più ombre che luci.

Ne parliamo con Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie nella segreteria del Partito democratico.

Trovare un accordo non era scontato, ci si è arrivati rinunciando all’unanimismo e approvando i nuovi regolamenti a maggioranza qualificata, con la contrarietà dei soliti noti, come Polonia e Ungheria. Da più parti si dice che la sola vera novità positiva è che si sia trovato un accordo su una materia che sembra intoccabile. È così?

Io sono totalmente d’accordo con la nostra segretaria nazionale, Elly Schlein che ha parlato di più ombre che luci. E’ il giudizio giusto. Non sono nemmeno stupito è dal settembre del 2019, bastava ascoltare le valutazioni di Ursula Von der Leyen, che si intuiva la direzione di marcia. Il Patto è ancora il frutto dell’incapacità di scommettere su due principi essenziali. I canali d’accesso legali come principale leva da muovere e la distribuzione obbligatoria delle responsabilità dell’accoglienza tra i Paesi UE. Si può dire che in entrambi i casi ci sono timidi passi avanti ma la visione generale è ancora drogata dal principio secondo cui, alla fine, l’immigrazione sia un danno da ridurre e non un fenomeno ineluttabile da governare.

Si introduce la solidarietà obbligatoria ma flessibile, che sembra una contraddizione in termini o un controsenso lessicale, ma significa in verità che se uno Stato non vuole accogliere può pagare, e va bene così, sono 2000 euro a migrante. Elly Schlein ha sottolineato che così si dà un prezzo al diritto d’accoglienza. È d’accordo e l’Europa può davvero fare questo?

Schlein centra il punto. L’Europa dovrebbe avere obbligo alla responsabilità dell’accoglienza, e quindi redistribuzione interna obbligatoria, e superamento totale di Dublino. Siamo invece al “non vuoi accogliere? Paga”. E ci si dimentica che nel mezzo c’è il destino di donne, uomini, ragazze, ragazzi, bambine, bambini.

Muri, recinzioni, controlli escono tutti rafforzati, a partire dalle identificazioni dei bambini a partire dai sei anni d’età. Si prevede il proliferare di centri di accoglienza, che spesso sono di detenzione, in tutti i Paesi membri. L’Europa fortezza sta cancellando il diritto d’asilo?

Non lo cancella. Perché esiste vivaddio il diritto internazionale e una tradizione di culture e pratiche segnate dalla volontà di accogliere. Tutto ciò non anche ma innanzitutto proprio in Europa. Detto ciò è evidente che i passi indietro sono molti, innanzitutto in termini culturali. E non nascono in questi giorni. Pensiamoci: dalla Libia agli accordi con Erdogan, dai muri di fatto tra Croazia e Bosnia a quelli materiali tra Polonia e Bielorussia abbiamo avuto tantissimi interventi segnati dall’ostilità verso lo straniero. Questo in ragione di un’egemonia culturale della destra nazionalista su di un terreno su cui la cultura europeista dovrebbe farsi sentire di più. Noi, ne sono certo, continueremo a combattere.

Si dice che è un accordo che risponde ai venti di destra che soffiano sull’Europa, in vista delle prossime elezioni europee, un dividendo da riscuotere nei vari Paesi. È questa l’Europa che avanza e che neanche la lezione del Covid è riuscita a scalfire? La ricetta è sempre e solo ergersi come una fortezza?

Ripeto: oggi, sul terreno della questione migratoria, parrebbe di sì. Ma voglio anche vedere le novità positive di questi anni e considerarle come dei terreni fecondi da coltivare. Penso all’accordo riguardante il permesso temporaneo agli ucraini, o comunque le straordinarie esperienze di accoglienza a cui danno vita il terzo settore e molti Comuni proprio da noi, nel nostro Paese. Insomma, io dico, non arrendiamoci. E al contempo, tuttavia, non riduciamo il “problema” ad Orban, che peraltro, il Patto non lo sottoscrive nemmeno.

Allargando un po’ l’orizzonte e inserendo il vecchio Continente in un quadro di andamento demografico, come possiamo realisticamente chiuderci così a riccio?

E’ chiaro che nel tempo dell’inverno demografico la chiusura è suicida. Ma non dobbiamo giocare in difesa. Questo è il momento per presentare proposte e progetti per gli ingressi legali, per grandi piani di inclusione sociale e integrazione, per riformare la cittadinanza.

Tornando in Italia, che continuerà inevitabilmente a essere porto di arrivo per tante e tanti migranti, malgrado i decreti che si susseguono, dalla tragedia di Cutro ai vari altri, la manodopera straniera è essenziale per la tenuta economica del nostro Paese, ma arrivare continua a essere una lotteria, ed illegale, mentre vengono smantellate le politiche d’accoglienza. A che punto siamo?

L’Italia si palesa come un laboratorio della peggiore politica. Siamo al delitto perfetto, che già si stava materializzando al tempo di Salvini ministro. Il cortocircuito è evidente: la destra non governa il fenomeno dell’immigrazione lascia la gente al proprio destino in mare e smantella l’accoglienza non perché non sia “capace”, come purtroppo qualcuno ancora dalle nostre parti sostiene, ma perché fonda il proprio consenso sul fallimento della gestione del fenomeno. Quella spirale infatti porta ad allarme sociale e alla sensazione di insicurezza che alimenta il consenso della destra. Lasciare la gente per strada, ai bordi delle nostre metropoli, o nel cuore delle città, può far dire “avete visto?! sono davvero troppi”. Quindi la destra persegue il fallimento delle politiche d’accoglienza. La cosa surreale è che mentre ciò avviene crescono gli arrivi irregolari.

Il Partito democratico sta organizzando un momento di confronto per elaborare proposte precise in questo campo. Ci anticipa come e quando?

Il 19 e 20 gennaio a Roma ed online presenteremo le nostre idee. Quelle di chi vuole superare la Bossi Fini, scommette sull’immigrazione legale, crede al piano nazionale dell’integrazione e vuole una nuova riforma della cittadinanza. Si confronteranno molte voci, sarà un grande laboratorio. Perché non ci arrendiamo.

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