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Fisco, una riforma che aiuta chi già non paga le tasse

Una riforma “particolarmente odiosa”, “che approfondisce ancora di più il divario di trattamento già esistente fra chi le tasse le paga, per obbligo o per convinzione, e chi invece non le paga”. Maria Cecilia Guerra, responsabile  lavoro nella segreteria del Partito Democratico, boccia senza mezzi termini la riforma del fisco targata Meloni, in un commento pubblicato sul quotidiano Domani.

Una riforma basata su uno strano presupposto: chi non paga è perché non può. Una teoria confutabile, come le roboanti dichiarazioni del governo di non voler aggravare il fardello fiscale su imprese e lavoratori, definiti “produttori di ricchezza”. La realtà ci restituisce l’evidenza di un trattamento neint’affatto equo verso tutti i contribuenti.

“Se davvero volesse trattare questi due soggetti allo stesso modo dovrebbe rivedere profondamente la riforma della riscossione presentata nei giorni scorsi”, afferma Guerra, evidenziando la necessità di eliminare il sostituto di imposta e di offrire maggiori possibilità di negoziazione delle tasse. Il governo, invece, permette queste agevolazioni solo a lavoratori autonomi e imprese, approfondendo il “divario di trattamento già esistente fra chi le tasse le paga”, come è più che noto a tutti, “e chi invece non le paga”.

L’introduzione del cosiddetto “discarico automatico” per i debiti fiscali non riscossi dopo cinque anni, senza che l’Agenzia delle entrate debba dimostrare un reale tentativo di riscossione, sarà “il risultato – evidenzia Guerra –  non di una amministrazione più efficiente, ma di una amministrazione che rinuncia, senza neppure provarci, a incassare una quota rilevante dei suoi crediti certi”.

Il presupposto della riforma, dicevamo, quello che la muove, è , per la responsabile del Lavoro del Pd, ben bizzarro: “se uno non paga è perché non può”, “una strana teoria per un paese con quasi 100 miliardi di evasione ogni anno”. Sottolinea il paradosso di una riforma che incentiva i contribuenti a evadere per poi negoziare la rateizzazione del debito su base di autodichiarazione, anziché utilizzare le informazioni disponibili per distinguere chi è realmente in difficoltà.

“Ma allora – ed è questa la sfida che, come Pd, abbiamo lanciato con emendamenti puntualmente bocciati – perché non subordinare il privilegio delle rateizzazioni al fatto che il fisco utilizzi quel patrimonio informativo di cui, come ci dice il viceministro Leo, dispone?” conclude Guerra. Ecco: perché?

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