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Tassa sugli extraprofitti, Misiani: “Meglio tardi che mai. Ora quei soldi vanno destinati alle famiglie più fragili”

«Macché misura da destra sociale, la “destra sociale” è una contraddizione in termini», dice Antonio Misiani, ex vice-ministro, ora responsabile Economia del Pd di Schlein. «Ma meglio tardi che mai. È Meloni che copia Pedro Sanchez: in Spagna questo provvedimento l’hanno adottato a dicembre 2022».

 

Dunque, senatore, in Aula il Pd voterà sì alla tassa sugli extraprofitti?

«Calma. Prima dobbiamo capire dove vanno a finire queste risorse, si parla di 2-3 miliardi».

 

In maggioranza dicono: ci tagliamo l’Irpef.

«Una baggianata. Non si finanziano tagli strutturali delle tasse con entrate una tantum. Quei soldi vanno investiti su misure sociali, come l’aiuto alle imprese e alle famiglie fragili colpite dal caro mutui. Anche perché con 2-3 miliardi sarebbe un taglio ridicolo all’Irpef, l’ennesimo pannicello caldo».

 

Però non criticate l’intervento in sé…

«È una misura che poteva essere preparata e costruita meglio. Ma è utile per affrontare l’emergenza sociale del Paese. Oggi un milione di famiglie ha mutui a tasso variabile, con rate mensili aumentate del 75% in un anno. I tassi Bce in un anno sono saliti di oltre 4 punti percentuali, generando un forte aumento dei margini di interesse delle banche: 58% in più nel primo semestre 2023. L’aumento degli utili, più che raddoppiati nello stesso periodo, deriva essenzialmente da questo. Insomma, c’è lo spazio per un contributo straordinario, una tantum, che aiuti a finanziare misure di carattere sociale, analogamente a quanto aveva fatto il governo Draghi con le imprese energetiche».

 

Per il Pd la Bce ha sbagliato ad alzare i tassi così?

«L’intervento sui tassi secondo molti è stato tardivo. L’impatto sull’economia e i conti pubblici è molto pesante».

 

Sulla tassa, meglio tardi che mai, dice anche il M5S.

«Sì, il governo sta facendo i conti con la realtà, il trionfalismo non ha più ragion d’essere. L’economia si sta fermando ed è indispensabile aiutare chi soffre di più. Ma noi lo diciamo da mesi, parlano gli atti: dalla proposta di legge in Senato a prima firma Nicita alla mozione alla Camera a prima firma Orlando con le nostre proposte contro il caro mutui, da finanziare anche con un prelievo straordinario sulle banche. Ora chiediamo al governo di cambiare posizione sul salario minimo».

 

C’è da spaventarsi per il tonfo della borsa?

«Il problema è che questa misura è stata approvata dalla sera alla mattina, senza un confronto. Questo ha generato la reazione negativa dei mercati».

 

FI sembra smarcarsi, ci sono malumori a destra?

«La verità è che la maggioranza è molto meno coesa di quanto appare. Quando si passa dalla propaganda alle scelte concrete, si sfarina. Anche perché il decreto varato ieri è un fritto misto di misure spot, come quelle sui taxi, che attribuiscono ai Comuni competenze che già avevano, e sul caro voli, intervento insufficiente e di dubbia efficacia. E ricordiamoci che il governo ha cancellato il tetto ai compensi per i manager della società per il ponte sullo stretto di Messina. Una scelta sconcertante: vanno per le lunghe sul salario minimo e votano il salario massimo per i manager ad alto reddito»

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