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Santanchè, PD: “Si dimetta per il bene del Governo e delle Istituzioni”

“A differenza di tanti altri gruppi, per noi vale sempre il principio di presunzione d’innocenza. Ma abbiamo il dovere di discutere di opportunità politica”. Lo dichiara il senatore del PD Antonio Misiani, intervenendo in Aula nel corso dell’informativa della ministra Daniela Santanchè.
 
“Noi non abbiamo avuto risposte chiare e a questo punto le chiederemo ai ministri competenti, a Calderone, Urso e Giorgetti”, spiega.
 
“La giustizia farà il suo corso. La Ministra Santanché, se indagata, si difenderà secondo quanto prevede la legge. Questi fatti pongono un grave problema di opportunità politica.
 
Può una ministra della Repubblica essere in debito di quasi 3 milioni di euro con lo Stato?
 
Può un governo che il 1° maggio ha sbandierato l’approvazione di un decreto lavoro avere al suo interno una ministra proprietaria di un’azienda che i lavoratori non li ha pagati o li ha messi in cassa integrazione facendoli lavorare lo stesso?
 
Può un ministro che ha giurato di adempiere la funzione pubblica che gli è stata affidata con disciplina e onore rimanere al suo posto di fronte a questa sequenza di fatti??
 
Secondo noi no, non può rimanere al suo posto. Ministra Santanchè oggi in quest’Aula le chiediamo di essere coerente e di rassegnare le dimissioni per il bene del Governo e delle Istituzioni”, conclude.
 
“Oggi – ha aggiunto la Segretaria del PD Elly Schlein – abbiamo sentito le unghie di Santanché mentre si arrampicava sugli specchi cercando di difendere l’indifendibile. Le sue dipendenti la smentiscono e rimane il fatto denunciato dal Partito democratico che un ministro della Repubblica non possa avere un debito con lo Stato di due milioni e settecento mila euro, cosa che non è stata smentita durante l’intervento della ministra. Il suo intervento è servito solo ad attaccare frontalmente la libertà di stampa ed è un fatto grave e le opposizioni, con la solita dose di vittimismo, ma nel merito delle gravi contestazioni che le vengono rivolte non abbiamo ascoltato risposte”. Quanto alla mozione di sfiducia annunciata dal M5S oggi, la Schlein ha precisato: “La voteremo”.
 
Scrive Peppe Provenzano: “Apprendiamo oggi dalla stampa che la Ministra Santanchè sarebbe anche indagata, da mesi, per bancarotta e falso in bilancio. Circostanza fin qui sempre negata. La premier Meloni sapeva tutta la verità e dei gravissimi capi di accusa? Oggi al Senato Santanchè eviti di farfugliare e dia puntuali spiegazioni su una vicenda che si intorbidisce giorno dopo giorno e che rende sempre più incompatibile la sua permanenza nel ruolo di Ministra con la tutela e il rispetto delle istituzioni. A chiedere le dimissioni non dovrebbero essere le opposizioni ma, a questo punto, la stessa Presidente del Consiglio”.
 
Dovrebbe dimettersi – argomenta Sandro Ruotoloperché una ministra non può avere un debito con lo Stato di 2.7 milioni di euro. La pitonessa che si definisce fascista, secondo Il Domani sarebbe anche indagata. La coerenza per gran parte dei politici non è un obbligo“.
 
Ruotolo e Marco Furfaro ricordano una vecchia vicenda, quella di Josefa Idem, che si dimise da ministra per l’Ici non versata
 
In quelle circostanze, ricordano i dem, proprio Santanchè disse: “Cosa penso del caso-Idem? Che ci sono sempre due pesi e due misure. Se capita una cosa del genere al centrosinistra, nel centrosinistra si fa finta di niente. Se fosse successo a una di noi del centrodestra, saremmo già state cacciate“.
 
Dal canto suo, rammenta Furfaro, Giorgia Meloni spiegò che “le dimissioni da ministro sarebbero un gesto significativo, un forte segnale di rispetto per le Istituzioni”.
 
E oggi? Perentorio Ruotolo: “Ecco, brava Daniela Santanchè prenditi di parola e dimettiti come fece Josefa“.
 
Furfaro riflette che la stessa persona che invitava alle dimissioni Idem, “oggi, da ministra, ha un debito verso lo Stato italiano di 2 milioni e 700 mila euro, ha fatto lavorare dipendenti a tempo pieno nonostante fossero in cassa integrazione a zero ore, non ha pagato fornitori, non ha versato il Tfr ai dipendenti licenziati.
Aspettiamo fiduciosi le dimissioni, che le saranno sicuramente chieste della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che siamo certi sarà coerente con sé stessa e chiederà, come da parole sue, ‘un forte segnale di rispetto per le Istituzioni’ ”.
 
Anche per Igor Taruffi, responsabile Organizzazione della segreteria del Pd, dovrebbe dimettersi: “In un altro paese avrebbe già lasciato il suo incarico, come già accaduto in passato, invece la ministra Santanchè e il governo continuano a far finta di niente. Cos’altro dobbiamo aspettarci? Venga in aula e di dimetta. Faccia onore al ruolo che rappresenta per il bene e l’onore del paese e di tutti gli italiani”.
 
La premier Meloni – si chiede Peppe Provenzanosapeva tutta la verità e dei gravissimi capi di accusa? Oggi al Senato Santanchè eviti di farfugliare e dia puntuali spiegazioni su una vicenda che si intorbidisce giorno dopo giorno e che rende sempre più incompatibile la sua permanenza nel ruolo di Ministra con la tutela e il rispetto delle istituzioni. A chiedere le dimissioni non dovrebbero essere le opposizioni ma, a questo punto, la stessa Presidente del Consiglio”.
 
Incalza Camilla Laureti: “Noi avanziamo domande puntuali e ci aspettiamo altrettanta puntualità nella risposta da parte di chi ha giurato sulla Costituzione. Perché quella formula di disciplina e onore non è un vezzo formale, ma sostanza della Repubblica soprattutto per i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche”, mentre Arturo Scotto  osserva che “la cosa più insopportabile che emergerebbe dal caso Visibilia – qualora le indagini dovessero confermare quanto emerso dalle inchieste giornalistiche di queste settimane nonché dalle indagini della magistratura – è l’uso spregiudicato degli ammortizzatori sociali durante la pandemia, scavalcando la volontà dei lavoratori e scaricandone il costo sui contribuenti. Insomma, che il classico esempio di chi fa l’imprenditore con i soldi dei cittadini. Persino nella maggioranza di centrodestra pare se ne siano accorti, attraverso il voto a un ordine del giorno del Pd la settimana scorsa alla Camera che – checche’ ne dicano – equivale a una sfiducia tecnica. Da chi per anni ha bullizzato più poveri definendo il reddito di cittadinanza una “paghetta di stato” o ha spiegato ai giovani di questo paese che per lavorare dovevano essere disposti a farlo con salari bassi e contratti precari aspettiamo innanzitutto delle scuse. Perché tutto si può accettare da chi ha giurato sulla Costituzione della Repubblica eccetto la solita doppia morale”.
 
Alfredo D’Attorre  sottolinea come le forze del centrodestra siano “contro il salario minimo. Contro il reddito di cittadinanza. Perfino in piena pandemia parlavano di “Sussidistan”. Poi difendono una ministra che ha chiesto allo Stato la cassa integrazione a zero ore per i dipendenti che continuavano a lavorare e che non ha versato il Tfr a quelli licenziati. Il caso Santanché conferma ciò che è la destra italiana”.

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