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Furfaro: “Con Schlein siamo tornati credibili. Ci batteremo per il pane e le rose”

Nella corsa vincente alle primarie, Marco Furfaro, parlamentare Dem, è stato il portavoce della mozione Schlein. Ed oggi, nella segreteria nazionale del Partito democratico ricopre uno degli incarichi più impegnativi: Responsabile iniziative politiche, Contrasto alle diseguaglianze, Welfare.
 
Che destra è quella che sta governando l’Italia?
Una destra culturalmente reazionaria e politicamente neoliberista, che fomenta un’idea di società ben precisa, dove la precarietà è la regola, il destino ineluttabile di milioni di persone che devono dividersi tra disoccupazione e lavori malpagati per garantire a pochi di continuare a vivere di rendita. Il contrario dell’ipocrita racconto fatto in questi anni. Hanno illuso gli italiani che si sarebbero occupati delle persone in difficoltà, combattendo i poteri forti e fomentando complottismi di ogni sorta, come il mito neonazista della “sostituzione etnica”. E invece stanno facendo esattamente il contrario: ogni loro azione è a difesa di un modello di sviluppo che in questi anni ha leso la dignità dei lavoratori e depredato l’ambiente. Poi, è evidente: è una destra retriva e culturalmente pericolosa. Quando una delle più alte istituzioni della Repubblica prova a riscrivere la storia della Resistenza confondendo fascisti e antifascisti, quando un Ministro della Repubblica usa parole per le quali nel mondo sono state fatte delle stragi, è chiaro che hai passato ogni limite di decenza. Ma questa cultura politica reazionaria – con l’aggiunta di un’inquietante cialtroneria sul Pnrr – è al servizio di una visione di società ben precisa. L’abolizione del reddito di cittadinanza, la cancellazione del fondo affitti, l’affossamento di opzione donna, i tagli alla sanità, Fincentivazione dei contratti a termine determinano uno schema chiaro, quello di un’Italia in cui pochi sono garantiti e tutti gli altri devono farsi la guerra per giocarsi esigui posti di lavoro con condizioni non dignitose. Il messaggio che viene dato al nostro sistema imprenditoriale e produttivo è chiaro: la musica non è cambiata, dovete competere giocando al ribasso del costo del lavoro, il tutto favorito da un esercito di disoccupati che per questioni di sopravvivenza sarà pronto ad accettare condizioni di lavoro schiavizzanti. Per questo non vogliono il salario minimo, perché sarebbe un piccolo argine a questo modello.

 
L’Italia è una repubblica democratica che ha nella costituzione antifascista nata dalla resistenza la carta dei valori condivisa, la bussola dell’agire politico, il perimetro dentro il quale ci si muove. La Costituzione non è stata scritta da persone di sinistra. L’hanno scritta tutti: socialisti, comunisti, liberali, azionisti, laici, cattolici. Tutti. Tutti tranne, appunto, i fascisti. Per questo è un valore condiviso, sul quale il governo Meloni ha giurato. Non riconoscersi in questo perimetro è pericoloso quanto le dichiarazioni allucinanti di queste settimane. Perché non solo si pone fuori dalla storia della nostra democrazia, ma segna un orientamento politico contro cui ancora oggi bisogna combattere. Il fascismo non era solamente violenza e sopraffazione, era anche diseguaglianze, una società in cui pochi comandavano a danno di tanti che dovevano soffrire, in cui le donne venivano espulse e marginalizzate, in cui le minoranze venivano escluse o, peggio ancora, mandate a morire.
 
Ecco, essere antifascisti oggi vuol dire essere democratici, ricordarsi e commemorare chi ha perso la vita per la nostra libertà, ma significa anche combattere ogni giorno per assicurare il diritto alla salute, al reddito, al lavoro, alla serenità degli italiani e delle italiane. Anche per questo, diciamo alle altre forze di opposizione che non è più il tempo di passare le giornate a dividersi e a distinguersi.
 
Il più grande cambiamento avvenuto con la vittoria di Elly alle primarie sta proprio qui: il PD e la sinistra sono tornati ad essere percepiti come la parte che vuole cambiare un modello di sviluppo che depreda l’ambiente, costringe chi fa impresa a competere sul terreno della privazione dei diritti dei lavoratori e lede la dignità delle persone. Oggi è il tempo di chi ha il coraggio di dire basta, che un altro modello è possibile.
 
Noi ci battiamo e ci batteremo per per istituire il salario minimo e per proteggere il diritto di una donna a decidere del proprio corpo; per spazzare via gli stage gratuiti e per legalizzare i matrimoni egualitari e il fine vita; per cancellare i contratti pirata e per legalizzare la cannabis. Il pane e le rose, come chiedeva quel celebre sciopero delle lavoratrici tessili entrato nella storia. E per un diritto alla felicità delle persone – di ogni persona – che sia pieno.
 
Alla vigilia delle primarie, il PD era ai minimi storici, alcuni ne davano a rischio persino l’esistenza. Oggi ha 20mila nuovi iscritti, è il primo partito di opposizione, la distanza rispetto a FDI diminuisce. Il PD è tornato ad un essere un partito popolare, che finalmente fa quello che dice, ma sempre largo e plurale. In una parola: democratico.

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