Mentre i media nazionali raccontano le 11 città con il bollino rosso per ondate di calore, l’impennata delle chiamate al 118 e degli accessi ai pronto soccorso per malori; mentre si contano le vittime delle scorse ore, ci si ostina incredibilmente a considerare la questione “emergenziale” e imprevista, fingendo di non vedere quanto sia ormai la nuova “normalità”, con cui è sempre più urgente confrontarsi in maniera strutturale.
Un esempio drammatico di questa incapacità di comprendere la dimensione del problema è quanto sta accadendo in Sicilia, regione che, come ampiamente previsto, da mesi affronta una gravissima condizione di siccità. Le immagini diffuse nelle scorse settimane fotografano un quadro drammatico: danni ingenti per gli agricoltori, animali che bevono fango a causa del prosciugarsi dei laghi naturali ed artificiali, turnazioni per erogazione di acqua nelle abitazioni che in alcuni casi superano i 15 giorni… Senza dimenticare le chiusure delle scuole di diverse province per impossibilità di garantire gli standard minimi dello scorso maggio.
L’aggravarsi dei fenomeni siccitosi è strettamente connesso alla crisi climatica: in Sicilia, come nei territori che si affacciano nel Mediterraneo, si assiste ad una progressiva desertificazione dovuta in parte molto significativa all’aumento delle temperature, alla modifica delle dinamiche delle piogge, all’impoverimento e distruzione del capitale naturale del territorio, ma anche alla stratificazione delle conseguenze di decenni di mala gestione e assenza di strategie efficaci.
La situazione richiede un profondo cambio di passo che sappia immaginare sistemi di interventi strutturali, in grado di agire anche sulla ristrutturazione della domanda (in primis agricola, ma anche industriale e civile), sul completamento e la messa in efficienza delle reti idriche (quella siciliana è tra le peggiori in Italia, con il 50% delle perdite) e che abbia ben chiara l’importanza dell’adattamento alla crisi climatica.
Un tema, quest’ultimo, che non può restare sullo sfondo e che passa necessariamente per un lavoro serio sulla ri-connessione del reticolo idrico artificialmente interrotto, sul ripristino degli ecosistemi (che porta con sé il potenziamento della capacità dei suoli e dei territori di trattenere acqua e regolarne i flussi), sul ricorso a sistemi in grado di ricaricare le falde. Appare del tutto insufficiente, in tal senso, l’azione del Governo Regionale guidato da Renato Schifani, che si è limitato a predisporre (in quello che oramai era un contesto emergenziale) un piano di appena 20 milioni di euro che, secondo i dati pubblicati da Regione Sicilia, è stato portato a termine solamente per il 17% e per meno della metà è in corso di ultimazione.
Al Governo Meloni torniamo a chiedere, nell’immediata grave contingenza, interventi urgenti e immediati per garantire alle famiglie ed alle aziende di poter disporre di acqua secondo turni di erogazione e fonti di approvvigionamento funzionali a provvedere ai fabbisogni primari. Al contempo, urge sostenere economicamente i settori agricolo e turistico, che stanno attraversando ore drammatiche, per il tramite di ristori in grado di compensare integralmente le perdite economiche già subite, secondo un censimento non ancora effettuato, come denunciato dalla deputazione regionale e nazionale del Partito Democratico.
La pianificazione emergenziale di questi giorni è sintomo di distacco dalla realtà e la ricerca di nuove falde ad emergenza in corso è mera improvvisazione: diciamo al Ministro Salvini che servono investimenti infrastrutturali tanto per completare e mettere in efficienza le reti idriche presenti per consentire di distribuire acqua al massimo delle potenzialità.
Interventi necessari ed urgenti per la salute e la sicurezza di tutte e tutti.
Altro che ponte!