“I dati che l’Istat ha diramato oggi sui livelli di istruzione e i loro riflessi sul lavoro ci riconfermano l’immagine di una società in cui le diseguaglianze si trasmettono di genitori in figli.
Anche il livello di istruzione dei genitori (così come sappiamo essere vero per la situazione economica) condiziona infatti in modo rilevante quello dei figli: il 23,9% dei figli di genitori con un basso livello di istruzione abbandona precocemente gli studi e solo il 12,8% raggiunge il titolo terziario. Al contrario, se anche solo uno dei genitori è laureato, queste percentuali diventano rispettivamente 1,6% e 67,1%. Dati che fanno riflettere sulla scelta propagandistica di chiamare “del merito” il nostro ministero dell’Istruzione. Il merito di nascere nella famiglia giusta.
Questo fatto è ancora più grave dal momento che, come dimostrano i dati dell’Istat, il livello di istruzione è un fattore importante nel ridurre le profonde diseguaglianze che attraversano il nostro mondo del lavoro e che pure i dati di oggi confermano in tutta la loro drammaticità: al crescere del livello di istruzione si riducono i divari del tasso di occupazione fra generi (che resta di più di 19 punti percentuali), fra generazioni e fra territori. Si riduce l’incidenza del part time involontario e del lavoro a termine, e quindi la precarietà del lavoro.
Restano invece molto bassi i premi occupazionali dell’istruzione per i cittadini stranieri. E anche su questa evidenza di discriminazione occorrerebbe riflettere”.
Lo scrive in una nota Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Partito Democratico.