Che sia stato il governo Draghi a costringere i suoi successori a una corsa contro il tempo sul Pnrr “è una accusa surreale. Non è stato certo Mario Draghi a far precipitare il Paese ad elezioni anticipate. È stata la destra a volerle, quella di governo – perché non dimentichiamo che Lega e Forza Italia erano nella maggioranza – e quella di opposizione. La crisi di governo ha pesato molto, nel rallentamento dell’iter del Piano a fine 2022”. Così Antonio Misiani, Responasbile Economia, Finanze, Imprese e Infrastrutture del PD ed ex viceministro dell’Economia nel governo Conte 2, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera.
“Che l’attuazione del Piano fosse una sfida complessa, lo sapevano anche i sassi e nessuno, tantomeno Draghi, ha sottovalutato le criticità della fase attuativa. Il punto, a tre anni dalla scadenza del Piano, non è evidenziare questo tema, ma provare a risolverlo – ha aggiunto -. Il governo è in carica da più di sette mesi. In tutto questo tempo le uniche cose che ha fatto sono: un discutibile cambio della governance, che suscita dubbi anche a Bruxelles, e un continuo scaricabarile nei confronti di tutto e tutti, dai governi precedenti alle amministrazioni locali, fino alla Corte dei conti messa sotto accusa per il controllo concomitante.
La revisione del Piano è annunciata da mesi ma non abbiamo ancora visto nulla di concreto, né a Roma né tantomeno a Bruxelles. Segnalo che in Europa sono state presentate ufficialmente le proposte di revisione del Pnrr da parte di Francia, Estonia, Slovacchia, Spagna, Malta, Irlanda, Portogallo e Danimarca mentre Germania e Lussemburgo hanno già avuto il via libera. Va raccolto il monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mettendosi alla stanga tutti per attuare il Piano: il governo, i comuni, le regioni, le forze economiche e sociali. E coinvolgendo anche l’opposizione”.