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Misiani: “Bonus 100 euro? Per pochissime persone e nel 2025. Una mancia elettorale”

“Direi proprio di sì. Parliamo di un bonus fino a 100 euro una tantum, annunciato a poco più di un mese dalle elezioni europee ma che verrà pagato a gennaio 2025”. Il responsabile economico del Partito Democratico, senatore Antonio Misiani, risponde così alla domanda di Affaritaliani.it se il bonus del governo sulle tredicesime sia una mancia elettorale. “La platea interessata è molto limitata: chi ha un reddito fino a 28 mila euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure le famiglie monogenitoriali con un figlio a carico. In totale, 100 milioni di euro. Tanto per fare un paragone, il bonus introdotto dal governo Renzi era di 80 euro al mese, venne erogato subito, e ne beneficiò oltre la metà dei lavoratori dipendenti con uno stanziamento di 6,7 miliardi per il 2014. Con la successiva legge di stabilità venne reso permanente e poi aumentato fino a 100 euro mensili dal ministro Gualtieri nel governo Conte 2. Un altro mondo”.

Da Giorgia Meloni non sono arrivate parole su sanità e lavoro da Pescara, che cosa ne pensa?
“La Meloni cerca di trasformare le elezioni europee in un referendum su sé stessa ma evita di parlare di contenuti perché non ha risultati da rivendicare. Il governo è stato costretto a tagliare le previsioni di crescita dell’economia e quel poco che si farà è quasi interamente dovuto al PNRR. I dati occupazionali danno qualche soddisfazione in più, ma in gran parte è lavoro povero e sottopagato. Sulla sanità, meglio stendere un velo pietoso: la realtà quotidiana con cui fanno i conti gli italiani è fatta di liste di attesa infinite, la rinuncia a farsi curare per milioni di persone e tantissime altre che devono pagare di tasca propria esami e visite specialistiche. Il sistema sanitario pubblico continua a peggiorare innanzitutto perché è sotto finanziato. I numeri dell’ultimo Documento di economia e finanza del governo sono impietosi: in rapporto al PIL, la spesa sanitaria pubblica era al 6,7 per cento nel 2022. È scesa al 6,4 per cento quest’anno e calerà ulteriormente nei prossimi anni. Sono livelli inferiori a quelli di prima del Covid. Questa è la realtà. E allora è meglio non parlarne e distrarre gli elettori con il dibattito surreale se scrivere o no “Giorgia” sulla scheda delle Europee”.

Che cosa pensa il Pd della riforma del Patto di Stabilità approvato anche dall’Italia?
“Sul nuovo Patto di stabilità europeo la destra italiana ha dato il peggio di sé. Prima ci hanno raccontato la favoletta che tenendo bloccato il trattato MES avrebbero spuntato condizioni favorevoli per l’Italia. Poi hanno bocciato il MES in Parlamento e accettato supinamente l’accordo franco-tedesco sul Patto di stabilità, decisamente peggiore della proposta del commissario Gentiloni. Meloni e Giorgetti sono venuti in Parlamento a dire che era un buon compromesso e che l’Italia aveva ottenuto molto, ma non hanno convinto nemmeno i loro parlamentari europei, che sul nuovo Patto a Bruxelles si sono astenuti. La verità è che le nuove regole di bilancio europee sono inadeguate. Lo sono per le sfide che l’Europa ha di fronte: la doppia transizione ecologica e digitale richiede investimenti aggiuntivi per centinaia di miliardi, ma il nuovo Patto legherà le mani ai Paesi membri. E questo varrà a maggior ragione per i Paesi come l’Italia che hanno un elevato debito pubblico. I conti vanno riportati sotto controllo. Ma i vincoli di bilancio troppo rigidi sono controproducenti, perché soffocano la crescita. Il rischio, per l’Italia, è questo”.

Sulla possibilità di spalmare il Superbonus in 10-15 anni il Pd è d’accordo?
“Il Superbonus nella versione iniziale era una misura per fare ripartire l’economia dopo il crollo del 2020 e doveva durare fino alla fine del 2021. È stato prolungato ed esteso durante il governo Draghi con il voto favorevole di tutte le forze politiche, compresi Fratelli d’Italia che allora erano all’opposizione. L’economia è ripartita e il boom delle costruzioni indotto dai bonus edilizi è stato decisivo, ma i costi di queste misure sono esplosi oltre ogni limite ragionevole. Il governo Meloni a febbraio 2023 aveva bloccato la cessione dei crediti fiscali, sostenendo di aver riportato sotto controllo la situazione, ma poi non ha fatto più nulla per più di un anno. Da allora, mese dopo mese i costi del Superbonus sono aumentati senza sosta, passando da 72 miliardi a fine gennaio 2023 ai 122 di fine marzo 2024. Cinquanta miliardi in più. La proposta di spalmare in 10-15 anni il Superbonus è stata presentata da molti gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione, ma molto dipende da come l’estensione viene prevista. Se viene concessa come opzione per i contribuenti, aiuta gli incapienti che non riescono a cedere i crediti, ma non il bilancio dello Stato. Se invece l‘allungamento viene imposto per legge il bilancio dello Stato ne trae giovamento, ma con un impatto patrimoniale molto rilevante sui soggetti che nel frattempo hanno acquisito i crediti fiscali. È una scelta che va gestita con la dovuta attenzione”.

Fonte Affaritaliani.it

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