Qualche giorno fa era sul palco del Forum sull’Europa organizzato dal Partito Democratico: Iratxe García Pérez è la Presidente del Gruppo S&D nel Parlamento Europeo.
L’abbiamo intervistata in vista delle prossime elezioni europee e sulle sfide che attendono i socialisti europei.
Presidente, si avvicinano le elezioni europee, un evento cruciale, forse il più importante nella storia dell’Unione Europea, sia per il futuro del Green Deal Europeo che per le politiche migratorie o il sostegno all’Ucraina. Come si sta preparando il Gruppo dei Socialisti e Democratici per questa sfida?
Stiamo già collaborando con il Partito dei Socialisti Europei per preparare la campagna. Tuttavia, credo che il nostro miglior biglietto da visita sia il lavoro svolto in questi quasi cinque anni. In una legislatura molto complicata, con la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione, i socialisti e i democratici hanno guidato le risposte basate sulla solidarietà. Abbiamo proposto soluzioni per affrontare le emergenze senza trascurare riforme di fondo, come la transizione ecologica e digitale. Un esempio sono gli investimenti del NextGeneration EU e la riforma del mercato elettrico. Nel frattempo, abbiamo completato il pacchetto di riforme del Green Deal, nonostante l’opposizione della destra, che ancora non crede appieno nell’emergenza climatica. Ora abbiamo bisogno che gli europei ci credano per continuare su questa strada. Abbiamo appena ottenuto una riforma della governance economica, per poter continuare a finanziare le politiche che migliorano la vita dei cittadini. Abbiamo lavorato ogni giorno per costruire un futuro migliore per tutti.
A marzo si terrà a Roma il congresso del Partito dei Socialisti Europei (PSE), dove si deciderà anche il candidato alla presidenza della Commissione. Cominciano a circolare nomi: quali dovrebbero essere le caratteristiche del candidato dei socialisti e democratici?
L’importante è che il candidato incarni i valori della nostra famiglia politica e sia in grado di trasmettere la convinzione che un futuro migliore sia possibile. I socialisti e i democratici hanno l’esperienza di governo e il programma per costruire quel futuro. Per questo stiamo già lavorando su un manifesto comune. Abbiamo iniziato a lavorarci un mese fa durante la riunione del PES a Malaga e lo avremo pronto per Roma. La nostra famiglia politica è stata fondamentale nella promozione di un’agenda progressista per l’Europa: una transizione sostenibile e giusta, il rafforzamento dei diritti sociali e del lavoro, la parità di genere e la difesa dello Stato di diritto.
Per noi italiani è significativo che il congresso si tenga qui in Italia: quale significato attribuite a questa scelta, date le attuali circostanze politiche del nostro paese con una prima ministra come Giorgia Meloni e il suo governo più a destra nell’Europa occidentale?
La scelta di Roma è senza dubbio un segno del nostro sostegno al Partito Democratico e al suo leader, Elly Schlein. Abbiamo bisogno che l’Italia sia al centro dell’Unione Europea, e quello che ha fatto questo governo è allontanare l’Italia dalla presa di decisioni e dalla capacità di influenzare il nostro destino comune. È già chiaro che le misure populiste di Meloni non servono a risolvere i problemi reali. La cosa più preoccupante è che il PPE si stia alleando con questi partiti di estrema destra e anti-europeisti. Per questo andiamo a Roma, per dimostrare che c’è un’alternativa di futuro, con proposte reali, basate sulla solidarietà e sui diritti umani.
In Italia c’è un grande problema di astensione: teme che gli europei non abbiano ancora chiara l’importanza e l’impatto delle elezioni europee nella loro vita quotidiana?
Credo che queste elezioni mobiliteranno di più gli elettori, anche in Italia. Nel bene e nel male, ciò che accade nell’Unione Europea ci riguarda tutti: dalla produzione e distribuzione dei vaccini contro il COVID-19 durante la pandemia, alla gestione delle nostre frontiere esterne. La questione migratoria è ogni giorno in prima pagina sui giornali in Italia, così come in Spagna, e possiamo affrontarla solo insieme, nell’Unione Europea.
Si è parlato molto della possibilità di interferenze nelle votazioni da parte di lobby esterne o interne all’Unione Europea, campagne sociali che influenzano i nostri processi democratici e la manipolazione del voto: l’Unione Europea si è preparata per evitare ciò e cosa si aspetta per prevenire questo tipo di interferenze?
Sì, non è un fenomeno nuovo e abbiamo lavorato molto in questi anni per evitare nuove interferenze nelle prossime elezioni. Abbiamo visto, soprattutto nell’estrema destra, legami con paesi che vogliono destabilizzare le nostre democrazie. Il Gruppo socialdemocratico ha promosso al Parlamento Europeo una Commissione Speciale sulle Interferenze Esterne in tutti i Processi Democratici dell’Unione Europea, in particolare la Disinformazione (l’acronimo in inglese è INGE), che ha adottato raccomandazioni per proteggere il processo democratico, in particolare da Russia e Cina. Propone alla Commissione misure concrete per combattere la disinformazione, le minacce ibride, gli attacchi informatici e altri attacchi che approfittano delle nostre società aperte e libere. Un esempio è vietare il finanziamento di paesi terzi a partiti politici e stabilire norme comuni dell’UE sulle campagne politiche e sul finanziamento dei partiti politici.
Un’ultima domanda sullo scenario europeo in mezzo agli eventi geopolitici da Ucraina a Gaza e Israele: quanto è importante superare il modello di unanimità per prendere decisioni efficaci ed efficienti?
È molto importante, e i socialisti e i democratici chiedono da tempo di porre fine all’unanimità nella politica estera. Nell’ultimo Consiglio Europeo l’abbiamo visto chiaramente, con Viktor Orbán che boicotta la politica dell’Unione verso l’Ucraina e ricatta i 26. Questo è inaccettabile. Bisogna evitare ad ogni costo questo tipo di situazioni, perché danneggiano non solo la credibilità dell’Unione Europea all’estero, ma mettono l’Ucraina in una situazione di debolezza.