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Casa per casa, strada per strada. La formazione politica è un laboratorio

Dare impulso alla partecipazione in politica, aprire porte e finestre non è solo un buon proposito, non solo un obiettivo, ma forse proprio una necessità. Si può fare, e si sceglie di farlo, in molti modi, fra questi uno spazio privilegiato è quello della formazione politica. Ne parliamo con Marwa Mahmoud, che  segue partecipazione e formazione politica nella segreteria del Partito democratico.

Nelle società la primavera è il tempo in cui si presentano i bilanci: sotto la tua guida il Partito democratico ha ripreso a fare formazione attraverso una serie di iniziative Qual è il bilancio di questi primi mesi?
Ormai si tratta di un anno di attività, dal momento della mia nomina in Segreteria nazionale a cui ha fatto seguito la delega alla partecipazione e alla formazione politica. È una delega di cui credo si sentiva l’esigenza e il bisogno. Da molto tempo non veniva assegnata a un membro della Segreteria, ma soprattutto mai, che io sappia, era stata abbinata alla partecipazione. Qui sta un primo elemento di innovazione di cui credo si debba dare atto alla Segretaria Elly Schlein. Comprendere che uno dei nodi da sciogliere per i partiti politici di oggi è proprio quello della capacità di stimolare la partecipazione, attrarre e motivare le persone, soprattutto i/le giovanə perché riscoprano l’importanza e la bellezza dell’impegno politico. Abbiamo innanzitutto lavorato a strutturare una rete su tutto il territorio nazionale, sollecitando i segretari regionali e provinciali, ad affidare la delega. Ci siamo però subito messi in ascolto, abbiamo raccolto i bisogni formativi attraverso un questionario aperto alle Federazioni, coinvolgendo i Giovani democratici. Sono emersi una serie di bisogni, di aspettative, le più disparate: dalla richiesta di maggiore contatto con la classe dirigente, rappresentanti della Segreteria e parlamentari, alla conoscenza dei meccanismi dell’attività politica istituzionale e amministrativa; dall’organizzazione delle iniziative, alla creazione e gestione di una Festa de l’Unità. Per rispondere a esigenze così diverse, abbiamo organizzato momenti di approfondimento formativo nei quali un dirigente si mettesse in ascolto di Federazioni, militanti, iscritti su temi e battaglie che ci stanno a cuore.

Gli appuntamenti che avete organizzato sono tanti: ci ricordi quali, che impatto hanno avuto, e che feedback avete ricevuto dai partecipanti?
Partendo dall’estate militante, e dai temi indicati dalla Segretaria in quella mobilitazione, abbiamo organizzato una due giorni su emigrazione, cittadinanza e accoglienza a gennaio. Abbiamo inoltre dato vita a una serie di 10 incontri, nei quali abbiamo toccato molti dei temi e delle questioni al centro della proposta politica del partito: dalle comunità energetiche alla difesa del sistema sanitario; dall’autonomia differenziata al salario minimo; dalla politica estera al finanziamento della politica. In questo senso pensiamo di aver soddisfatto, o comunque iniziato a soddisfare, la richiesta di maggiore sinergia e contatto tra la classe dirigente e la base. I feedback che abbiamo ricevuto sono di grande partecipazione, non solo numerica ma anche qualitativa. Infatti, a ciascun incontro hanno partecipato singoli iscrittə e militantə, ma ugualmente interi circoli, organizzati in modalità assembleare. Estremamente interessante anche l’adesione di molti circoli esteri, collegati dall’Argentina, dal Canada, dall’Australia, desiderosi di coltivare un’attività culturale e politica all’interno dei circoli e di confrontarsi con noi su temi che, in maniera diversa, riguardano tutti. Ricordo in particolare il confronto sull’emergenza abitativa e quello sul sistema sanitario.
O ancora, all’appuntamento sulla scuola inclusiva e aperta, hanno partecipato con grande entusiasmo docenti, dirigenti scolastici, educatori, ma anche genitori. Target differenti che hanno portato la loro testimonianza. Quindi è come se questi webinar fossero una sorta di circolo digitale, social, itinerante. Un modello interessante anche per rianimare un modo di fare politica che probabilmente per tanto tempo è stato poco sollecitato.

Finito questo primo ciclo, se ne apre uno ancora più significativo. Che state preparando?
Pensiamo che sia arrivato il momento di tenere una vera scuola di partecipazione e formazione politica, nella quale ingaggiare e coinvolgere delle nuove leve. L’evento che stiamo organizzando dal 12 al 14 aprile a Frascati va in quella direzione. Casa per casa, strada per strada, questo il titolo che abbiamo scelto per coinvolgere quasi 200 ragazzə da tutte Federazioni d’Italia, in un laboratorio in cui cercheremo di dar loro una scatola degli attrezzi, un kit formativo per la campagna elettorale delle europee. Per noi è una tappa intermedia, che tocca, in maniera anche molto pragmatica, alcune questioni quali la narrazione, il come comunicare, soprattutto nell’ambito della campagna elettorale: come creare strategie e tattica, ma anche come gestire i conflitti, fare comunità, sviluppare la propria leadership ed essere maggiormente inclusivi nei processi di partecipazione.
Lo vogliamo fare coinvolgendo i giovani, mettendoli alla prova, con moduli formativi non solo teorici ma anche pratici. A differenza di quanto fatto nei webinar, stavolta saranno i dirigenti ad ascoltare i giovani, ad interagire direttamente con loro.

C’è un accento molto forte sulla comunicazione, la costruzione di una narrazione efficace, e della leadership. Dentro questa narrazione, inserirete fin dal primo incontro dei temi “di sostanza”?
Sicuramente terremo un fil rouge che ha accompagnato i passaggi del Forum Europa e del congresso del PSE, che si è tenuto a Roma. Questo perché deve esserci un frame, una cornice che accompagni il nostro modo di essere, perché se la forma è anche sostanza, questo caratterizza, a livello identitario, il nostro agire politico. Quindi  ad esempio, non possiamo comunicare, fare politica e poi non essere femministi. Non possiamo dire di voler essere sostenibili, equi e ambientalisti e poi non praticarlo. Tutto si tiene: i temi, le modalità, gli strumenti. L’abito che indossiamo deve essere rappresentativo di quello che diciamo, altrimenti non siamo credibili. E se vogliamo aggredire l’elevato tasso di astensionismo è proprio sulla credibilità che dobbiamo puntare, recuperare là dove l’abbiamo persa.

Marwa Mahmoud
Foto @Imagoeconomica

Grazie alla panoramica che hai avuto in questi 12 mesi, come ti sembra lo “stato di salute” dei circoli, dei militanti, dei dirigenti locali? Che impressione hai ricevuto?
Devo ammettere che non avevo contezza di quanto eterogenee potessero essere la “mappatura” e l’articolazione dei circoli, anche nella diversità delle attività che svolgono. Essendo reggiana e vivendo l’emilianità del fare politica, ho sempre pensato che tutti i circoli svolgessero più o meno le stesse attività. Invece, viaggiando molto in questo ultimo anno, anche per l’inaugurazione di scuole regionali di formazione, ho toccato con mano quante fatiche, quante sfide si debbano fronteggiare sui territori. Ci sono circoli molto attivi e vivaci, altri in cui è molto difficile arrivare alla fine del mese e sostenere l’affitto. Quelli aperti solo grazie alla volontà dei vecchi compagni, e altri in cui i giovani hanno tante idee e si scontrano talvolta con militanti di una diversa generazione che chiudono loro gli spazi.
Insomma, se una cosa ho capito in questo primo anno, è stata l’importanza di tenere ancorati i circoli ad ogni progetto, provando a non lasciare indietro nessuno, soprattutto le realtà che stanno vivendo le difficoltà maggiori. È dunque per noi particolarmente importante che all’evento di questo week end partecipino tutte e tutti, da ogni Federazione.

Qual è lo sforzo quotidiano che il Partito Democratico sta facendo per rendere più comprensibili le proprie istanze, a volte anche complesse, in un mondo dominato da frenesia e banalizzazione?
Stiamo vivendo in un’epoca molto sfidante dal punto di vista della comunicazione, perché abbiamo cercato, e voluto, rendere tutto trasparente e accessibile. Questa apertura, però, va gestita, questa molteplicità di mezzi di comunicazione, offline e online, va presidiata, perché se non sai farlo, qualcun altro occuperà quello spazio, che è spazio politico. È molto più semplice banalizzare temi e concetti, anziché spiegare, cercare linguaggi che favoriscano la comprensione, senza impoverire. Quello che noi dobbiamo sforzarci di fare è provare a vivere la complessità, ma renderla accessibile a tutte e tutti, con registri differenti, perché noi dobbiamo parlare a tutte e tutti. Come abbiamo fatto con i webinar, bisogna trovare altri strumenti per fare sì che quello che vogliamo comunicare possa arrivare a chi ha tutti gli strumenti, come a chi ne è carente.

In questo senso ci si riallaccia alla tradizione delle scuole di politica dei partiti classici, novecenteschi. L’ambizione è così alta, e ci sarebbe bisogno di questo?
Il mondo è davvero cambiato. E se le Frattocchie restano, nell’immaginario dei partiti eredi di quella storia, un riferimento alto, l’emblema di una politica che ha saputo essere, anche e prima di tutto, leva di emancipazione per milioni di donne e uomini, sarebbe illusorio, io credo, pensare di riproporre quel modello. I bisogni sono cambiati e tuttavia l’ambizione può e deve restare alta: la formazione politica come strumento di partecipazione, come costruzione e trasmissione di un senso di appartenenza, come capacità di cura di una comunità politica, questo credo serva soprattutto oggi. Accanto a ciò, mettere a disposizione nuove ‘cassette degli attrezzi’, per leggere e agire la contemporaneità. Ma al fondo di tutto, la vera sfida sarà arrivare a coinvolgere chi sta sulla soglia, chi ci accusa, chi ha perso fiducia o è disilluso, non solo dal Partito democratico, ma dalla politica in genere.

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