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Avanti tutte! La “call to action” della democratiche per interpretare il cambiamento

La Conferenza nazionale delle donne democratiche ha avviato il proprio percorso di rinnovamento, e con lo slogan “Avanti tutte. Protagoniste del cambiamento” si avvia al rush finale della campagna di adesioni. Per saperne di più, abbiamo rivolto qualche domande alla presidente del Comitato di garanzia, Barbara Pollastrini.

Se dovessi spiegare a chi non la conosce cos’è e a cosa serve la Conferenza delle democratiche, cosa diresti?

Che molto lo imparerà, facendo…scherzo, ma quando todo cambia anche la Conferenza dovrà immaginarsi e ricrearsi in un mondo nuovo. Direi che la libertà delle donne è la speranza che non delude mai per ogni persona, per ogni civiltà e per la politica. Ed è un bene per tutti. Che con umiltà si può rinnovare uno spazio di libertà, di senso critico e concretezza per cambiare logiche, agenda, potere. E poi come cantava Gaber “libertà è partecipazione”, e allora non tentare mi sembra uno sciupio. Penso al bivio delle elezioni europee e poi negli Stati Uniti, o a come dare autorevolezza e concretezza alle parole pace e democrazia. A come fare crescere un patto per l’alternativa con cultura, società, associazioni. Sono in servizio momentaneo e non previsto come garante delle regole insieme ad altre amiche e compagne, un abito inatteso e mai usato. Ma so bene che più del regolamento da rispettare, a decidere il cammino saranno l’intelligenza e la generosità di tante. Se alziamo lo sguardo sul mondo vediamo quanto la libertà sia messa in discussione da regimi e teocrazie che sull’oppressione delle donne vogliono fondare il loro potere. I malvagi sanno che i diritti umani delle donne sono una forza per la dignità di ogni persona. La dignità di vivere, ribellarsi, amare, di essere sé stessi e sé stesse. Un filo nero lega Masha Amini in Iran a Giulia Cecchetin a Padova. Quel filo nero è una guerra tra le guerre per il dominio sul corpo delle donne, delle ragazze. I corpi stuprati dai terroristi di Hamas, il corpo della ragazza in ostaggio, il corpo della mamma che a Gaza copre il suo piccolo per proteggerlo, il corpo della donna che partorisce nella Striscia senza anestesia e poi la sua creatura è uccisa da una esplosione, i corpi senza sepoltura in Ucraina, i corpi nelle prigioni in Russia e nell’Iran, il corpo di Giulio Regeni, il corpo col burqa delle Afghane dopo la fuga delle “grandi” potenze. La guerra è anche o soprattutto questo, corpi straziati, vite strappate perché sono nel posto sbagliato. Direi che se un’assemblea già ci fosse, sulla parola pace addenserebbe ragioni e sentimenti, sul disarmo nucleare, su un nuovo ordine mondiale, su un’Europa che recuperi l’anima perduta nel Mediterraneo. Se già ci fosse, l’assemblea si inchinerebbe a Liliana Segre, quando ancora ieri sera intervistata davanti al binario 21 nella mia Milano diceva “provo profonda tristezza…ma fin dall’inizio ho scelto di non odiare…non c’è differenza nella tragedia di un bambino ebreo o arabo…resto una donna di pace…”

Quali sono le prossime tappe, e come si può parteciparvi?

La prima tappa è la decisione di aderire alla conferenza. Non basta essere iscritte al PD, è una libera scelta aperta a quante non iscritte al partito sentono di condividere una battaglia di libertà e autonomia. Sono già migliaia le aderenti. Ma la scadenza è il 31 gennaio e dunque il nostro appello è per un passaparola ai Circoli, alle iscritte, alle primariste, alle nostre amministratrici e sindache, all’impegno delle nostre parlamentari, alle amiche di associazioni, movimenti, centri antiviolenza e del sapere. Mi rivolgo in particolare alle più giovani e alla loro comunicazione brillante. Poi le tappe successive, il deposito delle candidature fino al 10 febbraio, le conferenze regionali per votare le delegate al coordinamento che il 9 marzo eleggerà la portavoce nazionale.

Tu sei stata la coordinatrice delle donne dei Democratici di sinistra. Altri tempi, altri partiti, altra società: dal tuo punto di vista cos’è cambiato da allora nei partiti per quanto attiene alla rappresentanza delle donne, alla loro capacità di farsi pensiero collettivo non solo sulle questioni “di genere” ma sulla politica a 360 gradi?
Sono anni che porto nel cuore perché li ho condivisi con donne così diversamente sapienti, curiose, battagliere, insomma speciali. È cambiato semplicemente il mondo e non solo nei suoi equilibri o squilibri. Innovazioni gigantesche, ricchezze ridotte a pochi, comunicazione immediata eppure profonde solitudini. Dal disincanto allo spaesamento di un lavoro parcellizzato, la pena del lavoro povero, il dispiacere che le qualità o l’onestà non siano valorizzate e vincano privilegi e consorterie. La crisi della rappresentanza riguarda tutti, giornali, sapere, sindacati, partiti. La libertà delle donne è un Giano bifronte, più vera per alcune, ma più ridotta per troppe in termini di reddito, fatiche, salute, possibilità, persino scelta della maternità. Del tempo di prima, oltre a traguardi storici, resta il senso profondo della promessa: i diritti umani sono la morale della storia e quei diritti non sono mai scontati e dati per sempre. La rivoluzione dell’emancipazione, il riscatto del paese con la Resistenza e le Madri costituenti, poi la mia generazione con le conquiste di libertà, e adesso il traguardo della dignità globale per ogni persona. Mutano i volti degli avversari però la loro mission è sempre la stessa, usare forme di patriarcato, quello più crudele o quello più sottile, e usare il revisionismo storico per schiacciare la libertà e ridurre la democrazia. L’Italia ne è un laboratorio e questa volta con una premier donna. So che alcune ritengono questo una umiliazione per la nostra storia. Io penso che la storia, anche la nostra, sia ben più grande. E forse diventerà più chiaro che “Donne si diventa”, che consapevolezza e coscienza sono una scelta. È una scelta il femminismo con tutte le sue differenze, è una scelta la solidarietà. È una scelta intima, culturale e politica stare dalla parte dell’indipendenza, dell’autonomia. Non scopriamo certo adesso che esiste una misoginia femminile. È una scelta decidere le alleanze con i ragazzi e gli uomini di buona volontà presenti il 25 novembre. È una scelta la libertà delle donne che apre la stanza dove i diritti di ogni persona si abbracciano e camminano insieme, dove è incorniciato l’articolo 3 della Costituzione, dove le differenze sono un valore e dove in qualche modo potersi fidare e affidare. Oggi in Italia sono due donne ad avere la leadership, sia a destra che a sinistra con Elly Schlein e il PD. In questo c’è davvero qualcosa di straordinario e inedito che già basterebbe a fare riflettere. Come sarà la prossima Conferenza? A ciascuna immaginarla e volerla come le piace. Però fatemi dire che la vorrei di pensiero e di combattimento, di vicinanza umana e di presenza nei conflitti giusti, perché l’agguato di questa destra è in corso nella mescolanza tra macelleria sociale, spinta a contrapporre i poveri e dividere il paese, per incoronare la stagione del presidenzialismo e riscrivere persino la memoria.

Quali obiettivi dovrebbe darsi, a tuo parere, la Conferenza che si va a eleggere?
Sai, non c’è un modello, direi come prima cosa che dovrebbe emergere con forza un profilo della posta in gioco: fare crescere e dare prestigio all’alternativa e restituire amore per la democrazia. E poi stupire nel creare ponti tra cultura e politica, tra linguaggio e popolo. Penso al sud, a una stagione di sindacalizzazione per unire donne, migranti sfruttati, senza lavoro, giovani, sapere, associazioni per la legalità. O alla mia regione col dovere di pensare a una unità del paese e anche per questo riflettere sui poteri finanziari globali che incidono sui destini dell’ambiente, dei costi di una casa, o della sanità privata che ingrassa mentre la pubblica che alla fine ti salva, dimagrisce. Muovere dai bisogni e dalle aspirazioni costruendo attorno a tante vite diverse delle vere battaglie di civiltà. Che si parli di contrasto alla violenza, di nidi, di congedi parentali, di difesa della 194, ius soli, il tema è un lavoro nei diritti, sono carriere nella trasparenza, sono piccole start up da non distruggere raddoppiandoti gli affitti, è la bottega artigianale da valorizzare, sono lo stipendio di un’infermiera, di una ricercatrice o un’operia e di troppe “tate” che nell’indifferenza vengono lasciate senza tutele. Ad esempio, già sindacalizzare e rivedere i diritti delle collaboratrici domestiche sarebbe qualcosa di buono. O un welfare da modulare dalla culla all’addio, che si tratti di cure palliative, di diverse abilità, di una vecchiaia che gli antichi vivevano come saggezza e la nostra modernità spesso umilia come umilia la povertà. Insomma le nostre conferenze (io le chiamerei assemblee) come spazio di libertà e mescolanza anche per dirimere le materie più complicate, la pace, il testamento biologico, la formazione continua, unica assicurazione con l’avanzare delle tecnologie, la legge contro l’omofobia, la difesa del dialogo religioso e del principio di laicità. E assemblee riconosciute per dire la loro sulla riforma del partito e della selezione delle classi dirigenti. Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, ecco, la conferenza la vorrei come sentinella della memoria, ogni giorno. Fammi dire grazie alle conferenze regionali e delle città per un impegno preziosissimo e a quante da istituzioni e circoli stanno dando una grande mano. E fammi aggiungere che questo PD ha già donne di valore ovunque. So cosa è un territorio e quanto l’Italia sia tanto bella quanto lunga e complicata. Già tifiamo per regioni e comuni che andranno al voto e tifiamo per l’elezione di consigliere e sindache. Ci stiamo preparando per convincere contro il mal sottile delle astensioni.

Un’ultima domanda: cosa diresti a una 18enne oggi per convincerla a iscriversi?
Le direi che ho fiducia in lei. Le direi che ero timida, avevo le mie paure e continuo ad avere le mie fragilità. Le direi che alcune parole e alcuni desideri sono parte della vita. Le direi che l’amicizia e una comunità fanno la differenza. Non le direi che siamo state le migliori o che prima fosse tutto bello, ma che la bellezza la si può trovare nella complicità di traguardi condivisi. Che i buoni sentimenti alla fine ti aiutano più di quelli cattivi, che la mitezza non è un difetto. Le direi di guardare oltre i miti per costruirsi i suoi miti. Le direi di sognare e che si può cadere e poi rialzarsi. Le direi di leggere e vedere. Se vuole di ballare. Di cosa sia diventare autonome e del valore del lavoro manuale, intellettuale o artigianale purché onesto. Le direi che se vive in una bella città o se va all’università, quel poco o tanto che ha, qualcuna prima lo ha voluto anche perché lei oggi prenda in mano il suo destino e quello di una cosa “bizzarra” ma decisiva che si chiama partito. Ma in realtà forse non le direi nulla e chiederei a lei cosa vorrebbe e così la storia continua. O forse sì, una cosa la chiederei: hai visto il film di Paola Cortellesi…perché c’è sempre un altro domani.

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