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Zanda: “La casa dei riformisti non è più solo una prospettiva, è una realtà in divenire”

Sono molto significative le parole di Pierluigi Bersani e Stefano Patuanelli raccolte da Repubblica: certificano che il campo largo proposto un anno fa da Nicola Zingaretti era giusto. La casa dei riformisti non è più solo una prospettiva: è una realtà in divenire».

Il senatore Luigi Zanda, tesoriere del Pd, guarda con interesse al dibattito sulle alleanze che, cementate dall’esperienza di governo, si augura possano tradursi in «un patto politico» di lunga durata.

Non peccherà di ottimismo, viste le difficoltà della maggioranza?

«Non direi. Bersani ha benedetto l’intesa tra Leu e Pd, dandogli un respiro più ampio. E lo stesso ha fatto Patuanelli, posizionando il M5S fra i riformisti al contrario di Di Maio che sembra avere nostalgia di Salvini e non sceglie mai tra destra e sinistra».

Dichiarare l’appartenenza dei 5S al fronte riformista è una novità per una forza antisistema.

«Importantissima e positiva. Il ministro ha offerto un chiarimento assai utile in una fase tanto confusa».

Significa che il Pd si scioglierà in un contenitore più grande? O vi limiterete a formare una coalizione?

«Non scherziamo. Io non sono solo contrario allo scioglimento del Pd, ma trovo molto bello chiamarsi “partito” e ancor più “democratico”, aggettivo nobile e ambizioso».

E allora? Cosa intendete fare?

«Dare stabilità alle alleanze. Quanto detto dai due esponenti di Leu e 5S si inquadra nel messaggio lanciato da Zingaretti sempre su Repubblica: il Pd ha iscritto nel suo Dna la necessità di aprirsi a tutto quel che si muove nella società. E quindi, innanzitutto, a partiti e movimenti che si ritrovano nel fronte riformista».

E Renzi? Lui si descrive come il portabandiera del riformismo e accusa il Pd di non esserlo più. Ci sarà o no nella nuova casa comune?

«La porta è aperta. Certo, se intende fare come sulla prescrizione… Votare con l’opposizione nel mezzo di una trattativa interna alla maggioranza è una cosa grave. Renzi è stato leader del Pd e premier, sa bene i danni che si possono provocare alla stabilità del governo. E lo sa perché ai suoi tempi, in casi analoghi, ha dovuto chiedere aiuto addirittura a Verdini. O ha la memoria corta o vuole le elezioni».

Ma gli convengono? Stando ai sondaggi, lv rischia di sparire…

«Renzi ha sempre fretta. È il suo modo di far politica. Ieri aveva fretta di fare un governo con 5S e Pd, oggi di scaricarci. Io sono all’opposto: per una politica paziente che sappia costruire nei tempi lunghi».

Che il Pd vada a rimorchio dei grillini è tuttavia opinione diffusa.

«È solo la propaganda di chi teme il rafforzarsi di un campo largo, capace di dare risposte su questioni cruciali come ambiente, lavoro, taglio delle tasse, diseguaglianze. Un tentativo per impedire al governo di realizzare ciò per cui è nato».

Però la discontinuità rispetto ai gialloverdi ancora non si vede.

«Un’altra balla colossale. Il Pd al governo ha introdotto novità straordinarie rispetto al Conte uno. La principale è la fine della politica dell’odio governativo che ha mortificato l’Italia per un anno e mezzo. È finita la chiusura dei porti. L’ostracismo della Ue. Gli insulti dei governanti. Ora si vedono ministri in giacca e cravatta e non in boxer che succhiano mojito. Non è un cambio di costume, ma di politica: c’è rispetto per le istituzioni e gli italiani».

Tra Pd e 5S sarà un’alleanza di sistema anche a livello locale?

«Io parlerei di patto politico. Che è cosa diversa da un contratto, come quello fatto con Salvini. Ha detto bene ieri Patuanelli: siamo entrambi nel campo riformista. E io mi auguro che anche nella prossima legislatura ci si ritrovi per governare l’Italia».

Sarà Conte il candidato premier?

«Io penso che il candidato debba essere il leader del partito più importante della coalizione, dunque il segretario del Pd. Come lo sarà Salvini a destra. È una regola base che bisognerebbe mantenere».

Zingaretti ha annunciato un nuovo congresso: cambierete di nuovo il segretario?

«Serve un congresso sui contenuti, non sul segretario. Sia perché Zingaretti è stato eletto solo 11 mesi fa, sia perché si finirebbe a parlare solo di nomi e smetteremmo di occuparci del Paese. È giusto confrontarsi su quanto accaduto dopo le Europee: la crisi di governo, la nascita del Conte2, le alleanze. Ma poi c’è la nuova Italia da costruire».

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