“Anche per me – come per la nostra segretaria – rappresenta una ferita la decisione della consigliera regionale veneta Anna Maria Bigon di partecipare al voto sulla legge regionale sul fine vita lo scorso 16 gennaio, invece di uscire dall’aula, ponendosi in contrasto sia con la linea nazionale del partito, sia con quella del resto del gruppo consiliare PD, il cui dialogo con la segreteria nazionale è stato costante.
Bigon, uscendo dall’aula, avrebbe esercitato la propria libertà di coscienza secondo quanto deciso dal gruppo: invece, astenendosi e dunque di fatto aggiungendosi al fronte dei contrari, insieme all’ala più reazionaria del consiglio regionale, si è resa corresponsabile del suo affossamento“.
Lo scrive in una lettera a la Repubblica il deputato e responsabile Diritti del Partito Democratico Alessandro Zan.
“Una legge che, è necessario ricordarlo, non avrebbe introdotto il suicidio assistito – già garantito dalla sentenza n. 242/19 della Corte Costituzionale – ma avrebbe regolamentato questo diritto sotto il profilo amministrativo e procedurale, assicurandone tempi e iter certi. L’impegno del PD nel dare applicazione alla sentenza della Consulta non è di certo nuovo, ma anzi è uno dei nostri principali obiettivi politici”.
“Invocare la libertà di coscienza senza considerare le ripercussioni politiche sulla comunità di cui si fa parte non è coerente con quella responsabilità e, in questo caso, ha ripercussioni concrete su persone e famiglie che lanciano un grido di dolore e chiedono rispetto per la propria libertà e dignità. Come responsabile diritti nella segreteria nazionale del PD – conclude Zan – ribadisco che siamo pronti e orgogliosi di farci carico di questa battaglia, in Parlamento e nel Paese, per dare una risposta non solo alla Corte costituzionale, ma alla domanda di giustizia e civiltà di tante persone”.