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Tim – Interrogazione a risposta immediata presentata dal PD alla Camera

Gli onorevoli ORLANDO, PELUFFO, SCOTTO, GNASSI, DI SANZO, DE MICHELI, FOSSI, GRIBAUDO, LAUS, SARRACINO, CASU, FORNARO, FERRARI e GHIO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

  • nel settore delle telecomunicazioni, su 120 mila addetti, sono a rischio reale oltre 20.000 posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle telecomunicazioni, senza calcolare gli effetti che saranno generati nell’intero sistema degli appalti;
  • un settore, che oggi dovrebbe rinnovarsi per diventare perno centrale della transizione digitale con una rete funzionale alle reali esigenze del Paese, subirà un ulteriore ridimensionamento, con una perdita enorme per il lavoro e per l’Italia, tenuto conto dei ritardi su banda ultralarga e le reti 5g;
  • per la digitalizzazione della sola pubblica amministrazione, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti sette interventi e tre riforme recanti risorse pari complessivamente a 6,146 miliardi di euro;
  • il 6 giugno 2023 le organizzazioni sindacali hanno indetto una giornata di sciopero, che ha registrato punte di adesione dell’80 per cento;
  • il modello industriale, che ha puntato sulla separazione della gestione delle infrastrutture di rete dai servizi, rischia di impoverire ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto in meri rivenditori di servizi;
  • una strategia che ha visto il suo compimento con la recente decisione della vendita della rete Tim al fondo statunitense Kkr, presa dal consiglio di amministrazione a maggioranza, con il voto favorevole di 11 consiglieri e contrario di tre e con l’annunciata battaglia legale da parte del gruppo Vivendi;
  • a giudizio degli interroganti la paradossale decisione del Governo di stanziare 2,5 miliardi di euro per consegnare la rete in mano ad un fondo d’investimento, che si è impegnato per un arco temporale di soli 5 anni, contraddice le dichiarazioni e gli annunci a favore di una «rete nazionale», consegnata a un gruppo straniero di investimenti finanziari;
  • una decisione presa senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e della Ministra del lavoro e delle politiche sociali;
  • secondo quanto dichiarato dall’amministratore delegato di Tim, degli attuali 36 mila dipendenti (full time equivalent), 20 mila andranno in Netco, la società che gestirà la rete, mentre gli altri 16 mila faranno capo alla nuova Tim, divisi in 5 mila su Enterprise e i restanti 11 mila su Consumer, di cui 4 mila nei call center;
  • numeri che fanno emergere, soprattutto per quanto concerne la gestione della rete, significative differenze rispetto ai modelli organizzativi delle altre principali imprese del settore –:

quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per avviare un immediato confronto con le organizzazioni sindacali del settore delle telecomunicazioni, al fine di scongiurare che si determini un ulteriore depauperamento occupazionale e la dispersione delle competenze professionali di migliaia di lavoratori.

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