Solo sì è sì, non ci sono vie di mezzo, interpretazioni alternative. Eppure il testo che il 6 febbraio, arriva in discussione al Consiglio europeo, su proposta della presidenza belga, è talmente rimaneggiato che di fatto cancella l’articolo che definisce, e sanziona, come reato di stupro qualsiasi rapporto sessuale senza esplicito consenso della donna. Così come era messo in chiaro dalla Convenzione di Istanbul.
Sono ancora parecchi i Paesi che non convergono sull’inserimento nella normativa all’esame di una definizione di reato penale appicabile ad ogni rapporto sessuale non consensuale, e a tuti gli Stati membri. Dubbi sono stati sollevati da Francia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, fra gli altri, che chiedono che siano le vittime a dover dimostrare l’uso della forza o della minaccia. Un rischioso passo indietro, che tradirebbe le disposizioni della Convenzione di Istanbul, ed il principio “no significa no”.
La prima a lanciare l’allarme è ststa la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, che ha invitato il governo italiano a intervenire: “Giorgia Meloni utilizzi tutto il peso negoziale riconosciuto all’Italia, che ricordo essere un Paese fondatore dell’Ue, per convincere gli altri leader europei che si oppongono: si sentano, si vedano, si parlino come sanno fare quando serve una sintesi su questioni prioritarie”, ha scritto in una nota Picierno, ricordando che “anche la violenza sulle donne è una questione prioritaria ed è necessario un accordo per avere una direttiva utile davvero a proteggere le donne italiane ed europee. Lo facciano. Serve a poco dire che si è d’accordo se non si lavora a trovare una soluzione. Viene il sospetto che si tratti solo di un posizionamento comodo e di facciata”. Il riferimento è alle dichiarazioni della ministra Roccella dei giorni scorsi, che “se da un lato”, sottolinea Picierno, confermano “che il Governo è favorevole alla direttiva così come approvata dal Parlamento Ue, dall’altro sembra che sia poco consapevole che il destino di questa direttiva oggi è nelle mani dei suoi colleghi al governo degli Stati membri”.
Diffrenza Donna, con una petizione lanciata sabato scorso su Change.org dall’Associazione Differenza Donna aveva già raccolto migliaia di adesioni, per creare un fronte compatto e autorevole contro “un fatto gravissimo» che è, dice la petizione “una presa di posizione inaccettabile contro la quale tutte e tutti noi dobbiamo far sentire la nostra indignazione”. La petizione è ancora sottoscrivibile, mentre Diffrenza Donna lancia un appello per rilanciare la mobilitazione a difesa dei diritti delle donne, convocando una manifestazione a Bruxelles per il prossimo 8 marzo.
“La tanto attesa direttiva europea sulla violenza rischia di essere un’occasione persa, o peggio un passo indietro”, ha scritto la senatrice Cecilia D’Elia, vicepresidente della commissione femminicidio, in un post pubblicato dal blog Bella Ciao. Oltre all’inevitabile depotenziamento che subirebbe la direttiva così come è stata rimodulata, tradendo, come ricordato, le disposizioni della Convenzione di Istanbul, si andrebbe incontro ad altre conseguenze. D’Elia ricorda che “dalla direttiva cadono altre cose fondamentali, come sappiamo dall’esperienza dell’applicazione in Italia delle norme, anche delle migliori: la necessità di linee guida per la formazione obbligatoria dei pubblici ministeri e dei giudici. Avere operatrici e operatori formati e specializzati garantisce la sensibilità necessaria nei procedimenti giudiziari ad evitare la vittimizzazione secondaria”.
“È una questione di primaria importanza, come dimostra la dura realtà della violenza in tutti gli stati. Un tema su cui chiediamo il massimo impegno dei soggetti coinvolti nel processo di decisione, a cominciare dal nostro governo. Lo stralcio dalla bozza di Direttiva di questioni cruciali dipende infatti dalla posizione assunta da alcuni governi nel Consiglio europeo, del quale è necessario l’accordo. Chiediamo al Governo italiano di impegnarsi e schierarsi chiaramente in questa direzione. Lo facciamo insieme alla tante realtà che lavorano contro la violenza, anche attraverso la petizione lanciata da Differenza donna. Ci serve più di un titolo, ci serve una direttiva che faccia fare all’Europa e a noi tutti un passo avanti contro la violenza di genere”, conclude D’Elia.
“‘Senza consenso è stupro’: stralciare dalla Direttiva Ue sulla violenza contro le donne questo principio è un gravissimo errore ed un passo indietro inaccettabile”, denuncia la senatrice dem Simona Malpezzi. “Il silenzio della premier Meloni sta diventando assordante: si schieri senza esitazione per dare concreta attuazione alla Convenzione di Istanbul”, rimarcando: “dopo gli sforzi legislativi compiuti in questi dieci anni per cercare e ottenere determinati risultati oggi si metta tutto in discussione tutto. Dalla prima premier donna ci saremmo aspettate ben altro”.
“Il motivo del contendere ruota in particolare intorno all’articolo 5 che, seguendo il principio della Convenzione di Istanbul, nell’individuazione del reato mette al centro il consenso dato o meno dalla donna all’atto sessuale”, spiega Malpezzi. “L’approvazione porterebbe a un grande passo avanti nella definizione del reato di molestie sessuali sul lavoro e di stupro che, nella legislazione di molti Paesi, viene riconosciuto nei casi in cui avvenga con minaccia, costrizione o violenza. Perché la Premier non prende posizione?”.