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Iuventa, sentenza storica: salvare vite non è un reato, vince la legge del mare

La fine di un incubo, durato sette anni, è racchiusa nella frase pronunciata dal gup di Trapani, Samuele Corso, “non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste”. Viene così scritta la parola fine all’inchiesta giudiziaria che ha visto coinvolta la nave Iuventa dell’Ong tedesca Jugend Rentett.

In dieci, compresi quattro componenti dell’equipaggio dell’organizzazione tedesca e personale delle organizzazioni umanitarie, Save The Children e Medici Senza Frontiere, erano accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di aver avuto rapporti con i trafficanti libici.

Oggi, la decisione del giudice. L’udienza preliminare si è conclusa lo scorso 2 marzo, ma già la procura di Trapani il 28 febbraio aveva chiesto il “non luogo a procedere” per gli indagati, ritenendo poco solido il lavoro svolto dagli investigatori e non attendibili le dichiarazioni dei testimoni ascoltati in aula. A far partire le indagini, che portarono al sequestro della nave di soccorso nel 2017 a Lampedusa, le dichiarazioni di due agenti della Imi Security Service imbarcati su un’imbarcazione di Save The Children che avevano stilato un vero e proprio dossier, inviato al leader della Lega, Matteo Salvini che all’epoca si trovava all’opposizione. Nell’inchiesta finirono anche avvocati e giornalisti intercettati dai magistrati della Procura trapanese.

Schlein: “Sentenza storica, vince la legge del mare”

“Una sentenza storica, prosciolti tutti i membri dell’equipaggio delle ong Jugend Rettet, Save the children e Medici senza frontiere perché il fatto non sussiste. Questo dimostra che soccorrere è un obbligo e che come abbiamo sempre detto la solidarietà non è reato”. Così la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein commenta la sentenza di non luogo a procedere per i 10 imputati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

“Le organizzazioni umanitarie impegnate nelle operazioni di soccorso in mare devono essere ringraziate e non criminalizzate, perché sopperiscono alla mancanza di una Missione europea di ricerca e soccorso in mare per cui il Partito democratico continuerà a battersi: in sostanza fanno quello che dovrebbero fare gli Stati e l’Unione europea. Speriamo – conclude Schlein – che nessuno si azzardi mai più a chiamarle taxi del mare”.

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