“Stando alle bozze in circolazione, il decreto Lavoro, che verrà simbolicamente approvato il 1° maggio in Consiglio dei ministri, contiene alcune norme che chiariscono, se ce ne fosse ancora bisogno, la visione del lavoro propria di questo governo: favorevole a garantire ai datori di lavoro la maggiore flessibilità/discrezionalità possibile nell’impiego dei lavoratori, soprattutto per quanto riguarda la gestione del loro tempo; propenso ad assimilare il lavoro a una merce usa e getta, e incline a trasformare la flessibilità in precarietà senza reti di protezione. (…)”, inizia così Maria Cecilia Guerra il suo intervento sul Domani, e prosegue: “Nei giorni scorsi l’Istat ha presentato i nuovi indicatori del Benessere equo e sostenibile, relativi al 2022. Ne emerge la pervasività del lavoro precario, che coinvolge in misura prioritaria: giovani, donne, lavoratori e lavoratrici del sud, immigrati, professioni non qualificate, persone con bassi titoli di studio.
La forma precaria di gran lunga prevalente è il lavoro a termine, con ben 3,3 milioni di lavoratori, in aumento del 4,6 per cento rispetto al 2021. (…)”
Guerra argomenta: “La nuova normativa prevede che i contratti in questione possano essere attivati sulla base di «specifiche esigenze» previste dai contratti collettivi nazionali delle associazioni più rappresentative sul piano nazionale. Ma, molto più discutibilmente, lo fa anche estendendo alla contrattazione aziendale la possibilità di individuare queste «specifiche esigenze». Permette quindi ai contratti aziendali (in linea con l’impostazione del famigerato articolo 8 del dl 148/2011) di intervenire, anche in senso peggiorativo, sui diritti e le tutele riconosciute ai lavoratori. Senza, per giunta, richiedere che si tratti di contratti firmati dai sindacati più rappresentativi. Potrebbero quindi essere firmati da sigle sindacali create appositamente, come per i contratti pirata, funzionali alle sole esigenze datoriali, senza alcuna garanzia contro gli abusi ai danni dei lavoratori. (…)
Per attivare questi contratti individuali è richiesta solo la certificazione ex ante da parte dei soggetti abilitati. Certificatori privati, fra cui i consulenti del lavoro, senza nessuna funzione di rappresentanza, agirebbero quindi, non più per verificare che i contratti stipulati rispettino le norme e le regole contrattuali, ma per sostituirsi ad esse. (…)
Per non decadere dal nuovo beneficio, il percettore dovrà accettare qualsiasi offerta di lavoro, anche di durata molto bassa, e, se di durata fra un mese e tre mesi, anche di poche ore al giorno. E lo dovrà accettare ovunque sia, anche se molto distante da casa, su tutto il territorio nazionale. È il trionfo di quella “cattiva cultura”, che vede sempre il lavoro come l’ultimo anello della catena”.
Intervento integrale di Maria Cecilia Guerra sul Domani