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Giacomelli: basta restare silenti, gli eletti dem tornino a discutere

Antonello Giacomelli, sottosegretario uscente allo Sviluppo Economico e deputato Dem, nessun questore parlamentare per il Pd: delusi?

«È un fatto inconsueto e preclude uno spazio di accesso alla vita del Parlamento da parte dell`opposizione, ma non è il punto fondamentale in questo momento”.

 

Non è un indizio del modo in cui i Cinquestelle intendono muoversi, un segnale che scoraggia chi vorrebbe dialogare con loro?

«Non c’è dubbio. Ma era già emerso un concetto ben diverso di dialettica istituzionale in questi anni e in campagna elettorale. Forse, persino un’idea diversa della democrazia rappresentativa. Allora, il problema non è un partitoche non ha avuto uno spazio».

 

Il Pd appare in difficoltà. Siete sotto choc dopo il voto?

«Il Pd ha fissato la propria posizione, a mio avviso giusta: il risultato elettorale ha attribuito ad altre forze la responsabilità di governare, e noi ne abbiamo preso atto. Non è un`affermazione astratta: deriva dal confronto traidentità e programmi. Salvini ha firmato un patto con il partito di Putin, persino l’euro è in discussione… Su queste basi è difficile concludere a favore di una compatibilità con Lega e M5S».

 

È quello che direte la settimana prossima al Quirinale?

«Alle consultazioni il Pd non potrà che sottolineare queste profonde differenze. Ma soprattutto ascolterà e valuterà ciò che emerge dal giro di orizzonte del presidente della Repubblica».

 

E se Mattarella, come extrema ratio, vi chiedesse di appoggiare un governo di tutti?

«Non credo sia corretto discutere ora di subordinate perché così si liberano Salvini e Di Maio dagli impegni e dalle spiegazioni dell’eventuale insuccesso. Sarebbe un errore. Ogni fase va vissuta, e tocca a loro cimentarsi con queste responsabilità, senza variabili».

 

È giusto per il Pd restare sull’Aventino?

«No, io sono per una partecipazione più attiva alla vita istituzionale. L’opposizione non può chiamarsi fuori: deve impegnarsi, far valere le proprie idee, contrapporre una visione».

 

Si può affrontare questo compito con un reggente o serve una leadership più solida?

«È una fase particolare e siamo grati a Martina per la disponibilità a ricoprire questo ruolo. Non credo sia il caso di accelerare l`assemblea prima della formazione del governo né tanto meno il congresso. Non possiamo concentrarci sul dibattito interno quanto il Paese deve avere una guida».

 

Eppure, Orlando e Franceschini avevano chiesto di riunire i gruppi prima di salire al Colle e non dopo. I nodi stanno venendo al pettine?

«La direzione ha fissato la linea politica. Adesso i gruppi devono discutere come interpretarla in Parlamento. Finora il Pd è stato da un lato silente e dall’altro impegnato in decisioni prese senza dibattito. Sui capigruppo Martina ha posto esplicitamente la fiducia, come si faceva a discutere? Speroche questa fase si sia chiusa con gli uffici di presidenza e che se ne apra una più condivisa».

 

Come, per esempio?

«Tra poco il Def aprirà un confronto su Europa, agenda sociale, temi economici, riforme fatte e prospettive. Non sonoquestioni banali. Quale ruolo può avere l’Italia con l’asse Macron-Merkel?»

 

Insomma, il Pd deve avere una strategia?

«Sì. Una strategia che va costruita bene e in modo ampio nei gruppi parlamentari. Solo così si potrà fare un’opposizione non rinunciataria né affidata agli slogan».

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