“Meloni si ricordi del precedente di Renzi”. Chiara Braga, in una intervista a “la Repubblica” parla con cognizione di causa.
“Dobbiamo guardare a quell’esperienza, al tentativo del 2016, con sguardo critico, per le forzature che vennero fatte. Si è dimostrato che mettere mano alla Costituzione richiede grande equilibrio, per avere consenso. Peraltro la riforma dell’epoca non aveva nemmeno gli elementi di pericolosità che vediamo oggi, col premierato. E non aveva mai escluso il confronto con le opposizioni”.
Se Meloni va al referendum rimarrà ‘scornata’, profetizza Conte: “Questa riforma ha talmente tante contraddizioni e messaggi sbagliati che troverà una forte opposizione nel Parlamento ma soprattutto nel Paese. Uno dei punti più critici, indigeribili, è l’attacco al presidente della Repubblica. Si svuota il ruolo di garanzia che la Costituzione gli affida, togliendogli due poteri fondamentali: il conferimento dell’incarico al presidente del Consiglio e la possibilità di sciogliere le Camere“.
“Tutti – aggiunge – sappiamo che il presidente della Repubblica è la figura più apprezzata dai cittadini, un riferimento che ha garantito la tenuta delle istituzioni nei momenti più difficili della storia recente della Repubblica”.
Se perdesse il referendum, Meloni dovrebbe dimettersi: “Ci sarebbero già motivi per farlo, ma sicuramente se definisci questa la ‘madre di tutte le riforme’, non puoi fischiettare e non trarne le conseguenze. Ma al di là di questo, vedo un modello rovinoso: l’uomo o la donna sola al comando. Sparisce il governo parlamentare, la forma stabilita dai padri costituenti. C’è un impianto ideologico e culturale che ha l’obiettivo di costruire una nuova Repubblica in cui la pregiudiziale antifascista non c’è più”.
“Noto – osserva inoltre la capogruppo – la smania della destra di accreditarsi con una nuova forma di governo che fa vacillare questo presupposto. E’ innegabile che ci sia l’accentramento di poteri in un’unica figura, senza pesi e contrappesi. E’ il colpo di grazia al Parlamento, già mortificato da 47 decreti legge in un anno, spesso approvati con la fiducia, e dal diktat imposto alla maggioranza di non fare emendamenti alla legge di Bilancio”.
Anche la sinistra negli anni ’90 parlava di premierato: “Oggi dobbiamo guardare a questa riforma, a come è nata, alle critiche che arrivano in modo univoco da costituzionalisti e giuristi, anche da esponenti del centrodestra, come Marcello Pera. E’ una riforma scritta male e in modo pericoloso. Serve ad addomesticare i partiti di maggioranza e ad offrire a Salvini lo scambio con l’autonomia differenziata”. Il Pd propone invece: “Sfiducia costruttiva, voto a data certa dei decreti legge, forme di partecipazione popolare, stop alle liste bloccate. Ma in questo disegno di legge non ce n’è traccia”, ha concluso Braga.