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Dell’Aringa: Una terapia d’urto per l’occupazione giovanile

La questione giovanile colpisce tutti i Paesi, ma alcuni in modo particolare. L’Italia condivide con la Grecia e la Spagna il primato della disoccupazione giovanile. È particolarmente grave la differenza tra disoccupazione dei giovani e disoccupazione degli adulti. La prima è tre, quattro volte la seconda in termini percentuali.

In altri Paesi il rapporto è meno pesante: in Germania il tasso di disoccupazione dei giovani è solo una volta e mezzo quello degli adulti. In definitiva in quei Paesi la questione giovanile è un problema strutturale, che si somma ai problemi congiunturali e a quelli creati dalla crisi economica. Che fare?

Innanzitutto occorre guardare ai fattori strutturali, al funzionamento del mercato del lavoro e alla bontà delle istituzioni che operano in questo mercato. Il confronto con gli altri Paesi ci indica la direzione verso cui muoverci.

Laddove, come in Germania, le istituzioni operano bene, la disoccupazione giovanile è relativamente bassa. E ci riferiamo ai percorsi formativi che valorizzano l’alternanza, agli strumenti di orientamento, alle politiche attive del lavoro. Se compariamo la efficacia e l’efficienza delle istituzioni tedesche con le nostre, il confronto risulta impietoso a nostro sfavore.

Da tempo abbiamo capito la lezione e negli ultimi anni abbiamo avviato interventi per fare meglio interagire il mondo della scuola e della formazione con il mondo del lavoro e abbiamo avviato un processo di ammodernamento delle politiche attive. Ma dobbiamo riconoscere che siamo solo agli inizi.

Agire sulle condizioni di offerta con soluzioni strutturali di lungo periodo va bene, ma nel frattempo occorre fare qualche cosa. Anche perché il problema si aggrava e si incancrenisce. I giovani fanno fatica ad entrare nel mondo del lavoro e le aziende non trovano convenienza ad assumerli. Le aziende sanno che i giovani spesso non hanno la preparazione adeguata e vorrebbero assumerli almeno con qualche esperienza alle spalle. Ma se i giovani non vengono assunti, non possono fare esperienza e si avvia in questo modo un circuito perverso. Occorre una terapia d’urto.

La decontribuzione delle nuove assunzioni messa in campo in questi ultimi anni, ha funzionato bene e ha aumentato molto lo stock di rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Lo strumento ha funzionato è può essere usato per i giovani. Non dobbiamo avere timore che, nelle assunzioni, si verifichino effetti di sostituzione tra lavoratori giovani e lavoratori adulti e anziani. In fondo è quello che si vuole! Cioè diminuire la differenza nelle opportunità di impiego tra i lavoratori di diversa età.

Oggi il tasso di disoccupazione parte molto alto e poi diminuisce costantemente con la età dei lavoratori. La differenza tra quello iniziale e quello finale è troppo elevata e per ragioni di equità tra generazioni va ridotta. Il che non vuol dire che occorre aumentare la disoccupazione degli anziani! Deve diminuire la disoccupazioni di tutti i lavoratori, questo è l’obiettivo, ma questo dipende da misure di politica economica generale che si aggiungono e non sostituiscono le politiche e gli interventi tesi a rendere più equilibrato il mercato del lavoro.

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