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Giachetti: «Governo Lega-5Stelle? I grillini digeriranno anche Berlusconi…»

Chi ha mai negato il diritto al dialogo? L’unico elemento imprescindibile è la nostra posizione all’opposizione».
Roberto Giachetti liquida così il dibattito tutto interno al Partito Democratico sulla necessità di confrontarsi col Movimento 5 Stelle e lo fa a partire da una certezza: «Il governo centrodestra-Movimento 5 Stelle è molto vicino dal concretizzarsi».

Eppure, anche ieri Orlando e Franceschini hanno chiesto di scendere dall’Aventino.
Io ho la netta sensazione che chi predica il dialogo coi 5 Stelle, e mi riferisco soprattutto a Orlando, come un cambio di rotta lo faccia solo per avere un qualche argomento per guadagnare visibilità. La direzione del Pd non ha mai messo veti sulla possibilità di parlare e confrontarsi con gli avversari politici, ma ha stabilito la nostra collocazione all’opposizione. E’ assolutamente ovvio che, per mettere in campo un’opposizione diversa da quella che abbiamo subito nella scorsa legislatura, dovremo confrontarci coi nostri avversari.

Ma un maggior dialogo non vi avrebbe fatto acquisire una posizione migliore nelle nomine degli uffici di presidenza delle Camere?
L’obiezione mi fa un po’ sorridere. Lega e 5 Stelle si sono messi d’accordo per spartirsi le Camere. Noi ci siamo detti disponibili al dialogo pur di ricominciare la discussione da zero e loro hanno ovviamente chiuso di nuovo. Insomma, a me il dibattito sul dialogo mancato da parte del Pd sembra surreale e anche un po’ strumentale ad accaparrarsi spazio. Noi dialogheremo durante le consultazioni, ma senza mettere in discussione il fatto che saremo all’opposizione.

Come è stata vissuta, nel gruppo parlamentare, la mancata nomina di un questore?
La trovo una scelta molto preoccupante, perché significa togliere all’opposizione lo sguardo su ciò che succede nei conti delle Camere. Aggiungo però che, ora, questo capitolo deve essere chiuso. Preferisco discutere con i grillini del reddito di cittadinanza, piuttosto che di come distribuire le poltrone: abbiamo fatto bene a denunciare quello che è successo, ma ora occupiamoci d’altro.

C’è chi, all’interno del Pd, teme ancora che l’egemonia renziana allontani le posizioni dei gruppi parlamentari dal quelle del Pd di reggenza martiniana.
Io contesto alla radice che esistano persone di area renziana. Ci sono persone che hanno sposato un progetto, ma tutti noi ragioniamo con la nostra testa e io più volte mi sono confrontato con Renzi sulle scelte che non mi trovavano d’accordo. Detto questo, mi verrebbe da obiettare che, se il metro è quello del renzismo, l’assemblea nazionale e la direzione del partito hanno una composizione ben più renziana di quella dei gruppi parlamentari. Quindi che dicotomia col partito potrebbe mai crearsi?

Sta apprezzando la linea di Martina, che sembra aver compattato minoranza e maggioranza?
Mi sembra che la collegialità di Martina non sposti gli equilibri. In questo momento nel Pd sta proseguendo il malanno che ci ha accompagnato negli ultimi anni e che non è stato ancora curato: la spinta a costruire ogni giorno nuovi motivi di differenziazione al nostro interno, come nel caso della polemica sull’ipotetico Aventino su cui ci saremmo arroccati.

Però è d’accordo che il Pd vada ricostruito, dopo la batosta elettorale?
Per come la penso io, il Pd non va ricostruito ma va finalmente compiuto il suo progetto iniziale. Dovevamo avere la forza di costruire una proposta politica che aggregasse le aree riformiste, l’area radicale e quella ambientalista. Avevamo l’ambizione di offrire ai cittadini un partito che metteva insieme un mondo e non solo le due tradizioni fondatrici del Pd, e questo dobbiamo provare a fare ora.

E si ripartirà dall’assemblea di aprile. Confermerete il reggente Martina?
L’assemblea non sarà un passaggio formale ma la sede concreta dove, chiunque si candiderà, si dovrà far carico di spiegare la strada da portare avanti. Io spero davvero, però, che tutti noi smettiamo i panni di Tafazzi e cominciamo a ragionare insieme di come affrontare il nostro ruolo di opposizione, declinandolo in modo utile per la ripresa della credibilità politica del Pd.

Lei da cosa partirebbe?
Dobbiamo rivendicare il ruolo della politica, ovvero quello di guidare il popolo e non di farsi guidare. Fuor di metafora: se prendere voti significa avallare scelte culturali come quelle del reddito di cittadinanza che io considero dannose per il paese, preferisco stare all’opposizione. Io penso che, se smetteremo di picchiarci tra noi e ricominceremo a ricostruire il nostro percorso politico a partire da un’opposizione costruttiva, potremo solo risalire rispetto al punto in cui siamo caduti il 4 marzo.

Ferma quindi la vostra posizione all’opposizione, lei crede che il governo 5 Stelle-Lega si formerà?
Guardi, questo scenario era preconizzabile sin dalla campagna elettorale. In quella fase già si intravedeva il loro sostanziale accordo: un primo step, quello destruens, si è concretizzato nell’aggressione al Pd e gli è perfettamente riuscito. Ora inizia la fase construens, che ha avuto un primo passaggio con l’elezione dei presidenti delle Camere. Adesso, invece, è scattata l’operazione di legittimazione del governo: Salvini definisce “affidabile” Di Maio e Grillo placa la base dei 5 Stelle definendo Salvini nello stesso modo.

Nessun limite di tipo programmatico?
Basta ascoltare i discorsi di Di Maio e Salvini per capire che le due bandiere stanno sbiadendo, fino a diventare dello stesso colore. Salvini non parla più di fiat fax ma di abbassamento delle tasse, Di Maio non parla più di reddito di cittadinanza ma di misure per i senza lavoro. Insomma, il loro dialogo è ben avviato.

Rimane lo scoglio di Berlusconi, difficilmente digeribile dai 5 Stelle.
Troveranno le forme giuste. Del resto, hanno votato la Casellati senza troppi scandali. Con quel voto c’era davvero il rischio che tutto esplodesse, invece è stata la chiave per risolvere il quadro. I grillini si sono molto adagiati in ciò che prima denunciavano: le cosiddette liturgie politiche, fatte di operazioni come l’elezione della neo presidente del Senato.

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