“I dati sul definanziamento del Servizio sanitario nazionale non risalgono ad oggi, in Italia ormai da decenni si spende meno, sia in rapporto al Pil che per spesa pro capite, rispetto alla media dei paesi Ocse e molto meno di quei paesi maggiormente avanzati. Il fatto che in termini di esiti si abbiano ancora dati importanti ci dice che abbiamo un buon sistema sanitario, con un livello alto di professionalità capaci di garantire una buona qualità dei servizi nonostante le difficoltà. Ma ormai siamo su un piano inclinato molto pericoloso che, se non corretto, potrebbe portarci verso la fine del Servizio sanitario nazionale universalistico per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi”, inizia così Marina Sereni la sua intervista e continua: “La crisi pandemica ci ha aperto gli occhi costringendoci a aumentare le risorse e a capire quanto sia importante investire sulla sanità pubblica, in particolare sulla sanità territoriale e sulla prevenzione, quindi su tutto ciò che viene prima dell’ospedale”.
“Sul piano normativo per noi è fondamentale togliere il tetto alla spesa per il personale. Un tetto anacronistico che non ha mai prodotto un reale risparmio di spesa visto che nel tempo si è in parte aggirando l’ostacolo ricorrendo alla voce per spese e servizi e accrescendo il ricorso verso cooperative e gettonisti. Si pensi piuttosto ad investire sul personale sia in termini remunerativi che di organizzazione del lavoro e riorganizzazione delle strutture. Tutto questo deve essere fatto molto rapidamente”.
Sereni continua: “Ormai è in atto un processo di privatizzazione inerziale, la spesa pubblica diminuisce ma la spesa privata aumenta ad un ritmo significativo, si rischia così di avere un sistema sanitario di serie A per chi può permetterselo e uno di serie B per gli altri. Noi non possiamo accettare questa idea. Servono risorse in più ed una capacità di visione che non avvertiamo nelle politiche del governo”.
Marina Sereni chiude con un passaggio sul tema della non autosufficienza: “Sulla non autosufficienza è stata fatta legge delega, è tempo di fare decreti attuativi ma anche in quel caso se si vuole irrobustire la medicina del territorio e l’assistenza domiciliare in modo da non costringere le famiglie a portare i non autosufficienti in strutture assistenziali bisogna che quella riforma venga applicata e che, soprattutto, vengano immesse le necessarie risorse. Senza risorse la legge resterà solo sulla carta”.
Intervista integrale sul Quotidiano Sanità