Venti minuti sono stati sufficienti al Consiglio dei ministri per licenziare la sua riforma della giustizia, preludio alla sospiratissima separazione delle carriere sognata da Silvio Berlusconi. A pochi giorni dal voto per le europee, anche il terzo alleato di governo, Forza Italia, ha avuto la sua bandierina da sventolare prima dell’apertura dei seggi. Dopo il premierato in salsa Meloni incassato dal partito della premier, e l’autonomia differenziata per la Lega di Salvini, siamo al capitolo giustizia. Tutto fermo, beninteso, fino a dopo le consultazioni europee. In una fulminea conferenza stampa, il titolare del dicastero, Carlo Nordio, presentando le tre pagine e gli otto articoli del testo ha avvisato l’Anm: “devono accettarlo, la volontà popolare è sacra ed è stata espressa dagli elettori che ci hanno dato mandato di fare questa riforma”.
Le novità principali, e i tempi
Carriere separate per i magistrati giudicanti e requirenti, due diversi Csm con sorteggio per la nomina dei membri, e l’istituzione di un’Alta corte come organo di disciplina delle toghe. Sono questi i tre cardini di una riforma che, sebbene sia valsa solo venti minuti in CdM, è destinata a tempi molto più lunghi, e difficili da prevedere. Si tratta pur sempre di un disegno di legge costituzionale, sottoposto in estrema ratio, qualora non raggiungesse nell’iter parlamentare la maggioranza qualificata dei due terzi in entrambe le Camere, al referendum poplare. Si ipotizza che prima del 2026 sarà difficile incassare il risultato. Si passa quindi all’incasso immediato, propagandistico, elettorale.
Il prezzo pagato per la tenuta del governo, l’ennesimo baratto
Per il Pd, il ddl Nordio rappresenta “Un duro colpo all’autonomia e all’indipendenza della magistratura“, “il prezzo che la Meloni paga a Forza Italia per la tenuta del governo. Siamo all’ennesimo baratto: la Costituzione viene sfregiata e sacrificata per un patto di potere”.
La responsabile nazionale giustizia del Pd, Debora Serracchiani e i capigruppo nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Federico Gianassi e Alfredo Bazoli, e dell’antimafia Walter Verini sottolinenano che “Il ddl Nordio non risolve i problemi della giustizia, anzi li aggrava perché indebolisce la magistratura compromettendone autonomia e indipendenza. La separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti – secondo i dem – non è necessaria, poiché la separazione delle funzioni esiste già . La separazione delle carriere rischia invece di trasformare i pm in una sorta di super poliziotti o, al contrario, li rende subordinati al potere esecutivo”.
I dem denunciano anche “contraddizioni e scelte non condivisibili” in merito all’Alta Corte, che così formulata, notano, rischia di diventare un pasticcio. Una netta contrarietà la esprimono sul sorteggio dei futiuri membri dei Csm e dell’Alta Corte, “che sminuiscono la professionalità dei magistrati”.
Lo smantellamento del sistema istituzionale, pesi e contrappesi
“Più che in presenza di una riforma della giustizia assistiamo ad un intervento che, insieme agli altri su autonomia differenziata e premierato, conduce allo smantellamento del sistema istituzionale repubblicano che affonda le radici nella nostra Costituzione ed è sempre stato basato su separazione e equilibrio dei poteri. Il tutto con l’ennesima trovata elettorale e propagandistica”, concludono.