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Gentiloni: «Il governo è esaurito il Pd ora può ripartire»

Presidente Gentiloni, vi godete la crisi di governo mangiando popcorn?

 

«Non ci godiamo un bel niente. Penso che sia allucinante un governo che si schianta su un treno. Mentre il Paese è isolato e fermo. Ieri hanno trovato un cavillo: Salvini ha perso la faccia per dare un alibi ai 5Stelle, 20 giorni fino al prossimo braccio di ferro. Ma il fatto è che questo governo è esaurito».

 

Zingaretti dice che l’esito dev’essere il voto. Il candidato premier sarà lei?

 

«Questo è l’ultimo dei temi da affrontare. Ora la questione è l’esaurimento dell’esecutivo in carica. Non regge più l’idea che il governo sia la prosecuzione della campagna elettorale con altri mezzi. Noi per fortuna ci siamo rimessi in moto, e dalle primarie viene un possibile nuovo inizio».

 

Spesso avete sprecato i nuovi inizi.

 

«Dobbiamo essere consapevoli di una cosa: che questa spinta delle primarie, e in generale dei risultati positivi delle ultime settimane, è stata anche una sveglia da parte del nostro popolo. E questa sveglia è molto esigente. L’ultima cosa che dobbiamo fare è rimetterci in un gioco di nomi e figurine. Abbiamo finalmente una leadership con una forte investitura popolare, quella di Zingaretti, e con lui si farà un gioco di squadra».

 

Da prossimo presidente del Pd, quale sarà la sua linea?

 

«Se sarò proposto ed eletto presidente, cercherò anzitutto di dare un contributo di unità. Ci davano per spacciati, io non ho mai creduto a queste rappresentazioni, però nell’ultimo anno siamo stati afasici. Ora abbiamo tutte le condizioni per ripartire e c’è una leadership rappresentata da una persona che noi romani e laziali conosciamo bene, ma che è in sé una novità».

 

Ma è una novità rifare il vecchio presepe dell’Unione prodiana?

 

«Non si tratta di resuscitare i soci di quello che era l’Ulivo, perché 25 anni dopo è tutto cambiato. Ma la logica e lo spirito di un centrosinistra vasto, plurale e capace di battere un centrodestra a guida estremista e nazionalista devono ancora valere per il Pd, che di questa alleanza sarà il pilastro. Si tratta di raccogliere in una alleanza per l’alternativa alcune forze esistenti e tante nuove energie che si sono mosse in questi mesi. Salvini si sta rivelando un magnete, un moltiplicatore di opposizione. Non c’è da fare un lavoro solo diplomatico tra sigle, ma da costruire un progetto vincente».

 

Non teme il rischio che tutto finisca per essere un po’ retrò?

 

«Non deve esserlo. Guai a guardare al passato. Vorrei un Pd con quattro caratteristiche: più verde, più europeo, più sociale, più organizzato come partito. Di questa stagione farà parte anche Renzi».

 

Ha un’autocritica da farsi come ex premier?

 

«Governando, di errori se ne fanno tanti. Noi ne abbiamo fatto soprattutto uno: sottovalutare quel mix di scontento sociale e di paura identitaria che si è accumulato negli ultimi anni. L’errore è stato quello di non vedere arrivare l’onda nazional-populista, che è all’origine della Brexit, della vittoria di Trump e della nostra sconfitta elettorale».

 

Non è stato un suo errore da premier anche avviare il processo autonomista, pochi giorni prima del voto del 4 marzo? Lo Spacca-Italia è cominciato da lì…

 

«Lo Spacca-Italia non era quello. E’ il modo in cui adesso la Lega vuole tradurre il principio costituzionale delle autonomie speciali in un’arma contro l’unità del Paese. La Costituzione prevede le autonomie, ma non la creazione di cittadini di serie A e di serie B. La maggioranza dei presidenti di Regione non vuole lo Spacca-Italia. E questa è anche l’opinione di gran parte del Parlamento. Confido nel fatto che i presidenti delle Camere consentiranno, se il governo sarà ancora tra noi, al Parlamento di esprimersi in piena coerenza con la Costituzione».

 

Lei però, con il modello emiliano, non crede di aver creato un pericoloso precedente che spiana la strada alla cosiddetta secessione dei ricchi?

 

«Non è così. Noi siamo stati sui binari della Costituzione. Lì bisogna restare. Anche se la Lega vorrebbe deragliare. A tutto svantaggio di Roma e del Sud. La loro tradizione di ostilità verso la Capitale e il Mezzogiorno sta riemergendo con forza».

 

Ma anche i governi di centrosinistra per Roma non hanno fatto tanto.

 

«Veniamo purtroppo da un decennio in cui le giunte capitoline non sono state all’altezza del loro ruolo. Noi, dal governo centrale, abbiamo tentato di aiutarle. Le faccio l’esempio del Piano per Roma del ministro Calenda. Ho avuto l’impressione che il Campidoglio non volesse farsi aiutare».

 

Perché non avete fatto un legge per dare più poteri alla Capitale?

 

«Questa è una discussione che va avanti da moltissimi anni. E la faremo tornare d’attualità».

 

Alle Europee andrete di nuovo con il classico messaggio europeista un po’ invecchiato?

 

«Molte cose sono cambiate in Europa. E ora per la prima volta ci sono forze significative, e in tre Paesi anche al governo (Polonia, Ungheria e Italia), che sono ostili al progetto europeo. Se non vogliamo fare la parte dei sonnambuli di fronte al ritorno dei nazionalismi, dobbiamo credere di più nell’Europa e mettere al centro del nostro progetto la fiducia nel futuro dell’Europa».

 

Lista unitaria con Calenda sì o no?

 

«Vediamo se questa idea si può realizzare al 100 per cento o all’80. Noi del Pd siamo pronti».

 

Pronti anche, in una prospettiva di governo, ad avvicinarvi ai 5Stelle, in un abbraccio tra le due sinistre?

 

«M5S non è una costola della sinistra. L’establishment a 5Stelle ha avallato, e perfino condiviso, le manifestazioni più pericolose del nazional-populismo di Salvini. Il nuovo Pd si rivolge ai tanti nostri elettori delusi e rifugiatisi nell’astensione e nell’esperimento grillino. Sono convinto che per chi ha fatto quelle scelte, questi nove mesi di governo siano stati terribili».

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