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Ocse – Fiscal Sustainability of Health Systems

I costi della sanità stanno aumentando così velocemente nei Paesi avanzati che diventeranno, in mancanza di riforme, insostenibili entro la metà del secolo. Lo sottolinea l’Ocse in un rapporto. Nelle statistiche Ocse, l’Italia si segnala da un lato per avere una dinamica migliore rispetto alla media Ocse, dall’altra per essere tra i Paesi che hanno ridotto maggiormente la spesa sanitaria durante la crisi per effetto dell’austerity di bilancio. Nello scenario tracciato dall’Ocse, dopo il rallentamento segnato con la crisi (+0,3% l’anno dal 2009 dopo anni a +4%), nei paesi industrializzati la spesa pubblica per la sanità e le cure di lungo periodo è destinata ad accelerare dall’attuale 6% del Pil a quasi il 9% nel 2030, raggiungendo punte del 14% entro il 2060 se i Governi non adotteranno misure per contenerla. Con le adeguate misure, il costo della sanità in media sarà invece più sostenibile, andando all’8,2% del Pil nel 2030 al 9,5% nel 2060. La spesa tende ad aumentare, spiega il rapporto, sulla spinta delle nuove tecnologie nei servizi medicali, della crescita dei redditi che aumenta le aspettative nei confronti del sistema sanitario e delle sempre maggiori necessità di una popolazione che sta invecchiando.

 

In tutti i Paesi Ocse la spesa sanitaria è cresciuta più del Pil negli ultimi 20 anni. L’Italia è relativamente virtuosa, nel senso che è il Paese che tra il 1990 e il 2012 ha segnato l’aumento più contenuto nell’Ocse della spesa pro capite (poco oltre l’1% l’anno), ma il Pil in ogni caso nel periodo è cresciuto ancor meno (0,5% in media). Il rapporto pronostica che, includendo l’effetto di misure di contenimento dei costi, dal 6,1% del Pil del 2006-2010 la spesa pubblica per la sanità in Italia andrà al 7,7% nel 2030 e all’8,7% nel 2060. Nelle previsioni del ministero delle Finanze, invece, la spesa pubblica per la salute sarà ferma al 7,3% nel 2030 come nel 2010 e salirà all’8,1% nel 2060. Per l’Olanda per altro si prospetta, senza riforme, una fattura sanitaria pari al 14,3% del Pil nel 2040, per la Svezia del 12% e per la Svizzera dell’11,4%.

 

Tornando all’Italia, la spesa complessiva per la sanità è stimata all’8,9% del Pil nel 2014 dall’8,8% del 2013 e dopo il ‘top’ del 9% nel 2009. Nel 2000 era pari al 7,6% del Pil. La spesa pubblica è pari al 78% del totale contro il 70% medio Ocse. A prezzi costanti, l’Ocse stima la spesa pro-capite della sanità in Italia a 2.047 euro per il 2014 contro i 2.054 del 2013 e i 2.220 del 2008. L’Italia è al sesto posto tra i Paesi Ocse per l’entità dei tagli operati nella sanità dal 2009 (circa l’1% annuo reale), alle spalle di Grecia (quasi il 10%), Lussemburgo, Irlanda, Portogallo e Spagna e i tagli “riflettono esplicite misure di austerità sui conti pubblici”.

 

Nel rapporto l’Ocse critica i tagli lineari e quelli che vanno a danno della prevenzione, perché rischiano di tramutarsi in costi maggiori nel tempo. D’altro canto l’Organizzazione sottolinea il miglior uso che si può fare dalla spesa sanitaria, visto che secondo la Who dal 20% al 40% della spesa è usato in modi che non migliorano o quasi la salute. Il che equivale a risparmi potenziali di efficienza di 1.204 dollari pro capite nei Paesi ad alto reddito. Sprechi, inefficienze e truffe negli Usa (dove la spesa sanitaria totale e’ pari al 17% del Pil) pesano per almeno il 21% del totale della spesa (558 miliardi di dollari) fino al 47% (1.263 miliardi). Non è solo una questione finanziaria: se tutti i Paesi diventassero efficienti nella sanità come i migliori, a parità di spesa, l’aspettativa di vita alla nascita nell’Ocse aumenterebbe di oltre due anni.

 

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