La partecipazione paritaria delle donne allo sviluppo economico, sociale, culturale, è questione centrale quando si ragiona di cittadinanza e democrazia europea, di riconoscimento e legittimazione delle istituzioni democratiche dell’Unione. Lo dico perché la postura ideologica della destra di attacco frontale alla libertà delle donne e alla soggettività femminile è inaccettabile e solo mettendo in sicurezza la natura fondativa dell’Europa svolgeremo un ruolo attivo di una democrazia compiuta.
A Bruxelles le donne del PSE hanno sottoscritto la Carta europea dei diritti delle donne, ovvero una guida ragionata di obiettivi e politiche da attuare a livello di Unione e di singoli Stati per conseguire la parità di genere, uno sviluppo equo e sostenibile, il rispetto dei diritti e libertà fondamentali delle persone in Europa con orizzonte globale. Pari accesso all’istruzione e ai servizi educativi, Indipendenza economica e parità retributiva, Rappresentanza paritaria, Lotta alla violenza maschile e alle molestie, Salute e diritti sessuali e riproduttivi, Politica estera femminista e gestione delle crisi: sono i capitoli di un documento che innesta la giustizia di genere in un’agenda politica realmente progressista e sociale, quella che serve oggi a ridare speranza e futuro alle giovani generazioni.
La Conferenza delle Donne Democratiche c’è, a partire dai territori mobilitati con iniziative per concorrere ad imprimere un cambiamento, responsabilizzando forze politiche progressiste, candidati e candidate ad impegnarsi per una svolta volta concreta a costruire l’Europa solidale e femminista. L’Europa che vogliamo. Anche sottoscrivendo la carta europea dei diritti delle donne.
È in atto un attacco frontale alla libertà di scelta, con affermazioni reiterate contro la 194. Se chi dirige in Rai il servizio pubblico può dire che l’interruzione volontaria di gravidanza non è un diritto, ma è un delitto, tradisce la laicità dello Stato, rinnega le leggi dello Stato, diffama le donne e le ragazze nell’esercizio di un diritto garantito dallo Stato. E questo nel pieno rispetto del pluralismo, perché pluralismo non può significare negazione dei diritti di libertà conquistati e costantemente messi in discussione. Il rischio di arretramento e di deriva sovranista è concreto, ed è nostro compito contrastarlo con un approccio collettivo, anche alla pace, partendo dal basso: per questo chiediamo la Conferenza internazionale delle donne per la Pace. Tutto questo merita una mobilitazione permanente di piazza, nelle istituzioni, casa per casa, strada per strada. E su questo le democratiche ci sono.
Su questi obiettivi crediamo che il mix di esperienze, competenze e innovazione delle candidature, possa dare una mano a realizzare la democrazia paritaria a livello europeo. E possiamo riconoscere che la sintesi individuata è frutto anche del dibattito avuto nel Coordinamento nazionale, dibattito consegnato all’attenzione della segretaria, che ne ha tenuto conto.