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Manzi: Povertà culturale, una grande emergenza che colpisce i più giovani

In questo Paese c’è una grande emergenza culturale che riguarda, soprattutto, i giovani. Un andamento suffragato dalle ricerche di cui l’ultima, elaborata da Istat, non può lasciarci indifferenti: il 70% non è mai stato in biblioteca nel 2023, il 17% non è mai andato al cinema, a teatro, a un concerto, non ha mai visitato un museo. Un problema che rischia di compromettere il benessere delle nuove generazioni, la possibilità di costruirsi un percorso di vita in linea con le aspettative e di sviluppare capacità critiche indispensabili per essere cittadini.

La cultura è uno strumento fondamentale di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica, di cambiamento e sviluppo per un Paese che fa sempre più fatica a stare al passo con i tempi. La consapevolezza, la curiosità, la conoscenza sono strumenti di emancipazione; sono la chiave per costruire una cittadinanza globale che si fonda sulla responsabilità e l’autonomia. Prendo in prestito le parole del premio Nobel per l’economia, Amartya Sen per cui lo sviluppo umano è “tutto ciò che riguarda le libertà: libertà di realizzare il pieno potenziale di ogni vita umana, non solo di pochi, né dei più, ma di tutte le vite”.

Le risorse spese per azioni culturali e formative sono investimenti che producono ricchezza nel presente e generano valore aggiunto per il futuro. L’obiettivo delle istituzioni dovrebbe essere, allora, quello di aumentare le esperienze educative e sociali, promuovendo servizi e strumenti. Questo, non a caso, era lo scopo per cui era nata App 18, una carta che garantiva 500 euro al compimento della maggiore età per consumi culturali. Una misura di successo, apprezzata dai più giovani che è stata imitata in molti altri Paesi. Una misura universale perché ogni ragazzo, a prescindere dalla propria condizione economica e dai risultati scolastici, ha il diritto di maturare una propria autonomia culturale. Non a caso quella misura era nata dopo i terribili fatti del Bataclan nella consapevolezza che solo attraverso un Paese più solido culturalmente si potesse contrastare il fanatismo e difendere la democrazia.

Ebbene, due anni fa, il governo ha deciso di cancellare la misura, sostituendo 18 app con la carta cultura giovani e del merito, utile ad una propaganda paternalista e conservatrice. Con la giustificazione di voler rimediare ad eventuali truffe, con un colpo di penna sono stati ridotti i fondi, limitandoli a specifiche fasce di neo maggiorenni. In questo modo, l’ideologia ha penalizzato sia i giovani che l’intera industria culturale del Paese che ricordo sommessamente ha generato nell’ultimo anno un valore di 104 miliardi di euro. Ecco non vorremmo si confondesse l’egemonia culturale con il progressivo smantellamento di una filiera che fa grande l’Italia, produce ricchezza e lavoro. L’acquisto di un libro, la visita a un museo, un concerto, uno spettacolo teatrale devono avere un valore per le Istituzioni che credono nella conoscenza come strumento di emancipazione collettiva e di sostegno alla crescita complessiva della società.

E adesso ci aspetta una legge di bilancio dove, come preannunciato dal Ministro Giorgetti, i dicasteri dovranno procedere a tagli lineari molto significativi. Temiamo sarà l’occasione per colpire il welfare, sociale e culturale, riducendo ulteriormente la portata di uno strumento a sostegno dei consumi culturali tra i giovani, di cui noi chiediamo il pieno ripristino. Purtroppo, questo Governo ha disinvestito nel settore, senza alcuna valutazione delle ricadute sui cittadini e sull’economia. Ci auguriamo che la promessa del ministro Giuli in audizione di parlare con i fatti non rimanga solo sulla carta.

Editoriale di Irene Manzi, Responsabile nazionale scuola e povertà educative del Pd, pubblicato su l’Unità

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