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Pittella: “Sulle richieste di asilo giustizia è fatta, adesso basta ostruzioni o sanzioni dure”

Bene la sentenza della Corte Ue sulla ridistribuzione di richiedenti asilo, senza solidarietà l’Europa è a rischio. La crisi migratoria, però, va risolta alla fonte, con un vasto piano di sviluppo e rilancio dell’Africa. La vede così Gianni Pittella, presidente del secondo maggior gruppo politico al Parlamento Europeo, quello dei Socialisti e Democratici (S&D).
 
Presidente, una sentenza positiva…
 
«Certamente. Fa giustizia degli assurdi pretesti accampati dai paesi dell’Est per non accogliere i richiedenti asilo. Adesso i premier di Ungheria e Slovacchia (i due Paesi che avevano fatto ricorso alla Corte) Orban e Fico devono piantarla di traccheggiare, oltretutto stiamo parlando di poche centinaia di richiedenti asilo da accogliere».
 
Altrimenti?
 
«Altrimenti dovranno esserci sanzioni dure. Non solo con le procedure d’infrazione avviate dalla Commissione, ma anche con la riduzione dei fondi Ue».
 
Il governo ungherese ha definito «irresponsabile» la sentenza…
 
«Nessuno ha costretto questi Paesi ad aderire all’Ue. Ma essere parte dell’Ue vuol dire rispettare lo stato di diritto, e tutti gli organi comunitari. Non si può far ricorso alla Corte Ue e poi dire: non accetto la sentenza perché non mi piace. E un problema anche per i Popolari (di cui è parte Fidesz, il partito di Viktor Orban, ndr), il presidente del gruppo Ppe Manfred Weber deve ora prendere posizioni chiare».
 
Sullo sfondo c’è la questione della solidarietà.
 
«Non sullo sfondo, in primissimo piano. Perché vede, l’Europa è nata sul principio della solidarietà, se questo principio viene smarrito, si rischia uno sfaldamento dell’intera Unione».
 
Preoccupato per il futuro dell’Europa?
 
«Io sono un grande ottimista. Dopo il referendum sulla Brexit si temeva il peggio, ora invece ci sono segnali molto positivi. Mi aspetto che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, durante il discorso sullo Stato dell’Unione che terrà la prossima settimana, trovi parole coraggiose sia sulla questione migratoria, sia sulla dimensione sociale, a cominciare dal dramma dei giovani disoccupati».
 
Lei più volte ha messo in guardia dal puntare tutto sulle misure per bloccare i migranti in Africa…
 
«Anzitutto, mi faccia dire che per anni l’Italia è stata lasciata da sola, adesso finalmente qualcosa, almeno a parole, si comincia a vedere. Detto questo, è chiaro che la vera soluzione non è nella mera gestione dei flussi all’interno dell’Africa, non serve cercare di creare un gigantesco recinto africano in cui bloccare i disperati che fuggono da miseria, fame e conflitti».
 
Sta criticando l’incontro a quattro di Parigi?
 
«Guardi, l’Italia ha fatto bene a lavorare per la creazione di campi di accoglienza in Libia e in Africa insieme all’Onu, per creare situazioni più dignitose e umane, rispetto agli spaventosi lager libici. Solo che ora bisogna premere l’acceleratore su quanto timidamente soprattutto la Commissione e il Parlamento Europeo hanno avviato, a cominciare dal piano di investimenti per l’Africa. Occorre sostenere i giovani imprenditori africani che possono produrre occupazione, fare molto di più sul fronte dell’istruzione, l’equo sfruttamento delle immense risorse naturali. Ma ci vogliono anche più possibilità di migrazione legale verso l’Europa».
 
Il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani ha proposto 6 miliardi per la Libia…
 
«Rispetto il presidente, ma non sono convinto. Dare miliardi in questo momento alla Libia, tuttora nel caos, vuol dire sprecare soldi. Ci vogliono invece decine di miliardi per lo sviluppo dell’Africa nel senso che dicevo. Un’ottima occasione per rilanciare la partnership tra i due continenti sarà il vertice Ue-Africa che si terrà ad Abidjan (Costa d’Avorio) a novembre. Perché Europa e Africa non sono divise, sono la stessa cosa. Se l’avessimo capito vent’anni fa, oggi non saremmo a questo punto».

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