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Fassino: «Nessuna ostilità verso Pisapia, ma il nostro leader non si discute»

«Dobbiamo puntare a vincere le elezioni guidati dal leader che il Pd si è scelto».
Renzi non deve fare un passo indietro?

«Renzi è stato legittimato dalle primarie lo blinda Piero Fassino, ex segretario dei Ds ed ex sindaco di Torino E poi il leader del Pd non lo scelgono i dirigenti di un altro partito».

Bersani e D’Alema?
«Non si possono costruire alleanze sui veti, perché veto chiama veto e chi lo mette rischia di subirlo».

Violante lancia Gentiloni.
«Gentiloni sta facendo un ottimo lavoro. Ma mi si dica un Paese in Europa dove il premier non sia il leader del partito che ha vinto le elezioni. E così in Gran Bretagna, in Spagna, in Germania, in Olanda, in Austria e in ogni nazione del continente».

Le critiche di Prodi, Veltroni e Franceschini sono un tentativo di logorare Renzi?
«Nessuno vuole logorare Renzi, alle primarie i170% ha votato per lui. La leadership non è in discussione».

Un Pd isolato che pretende di essere autosufficiente non è un regalo alla destra?
«Non c’è nessuna pretesa di autosufficienza. La sfida è il profilo riformista che deve avere i centrosinistra, per cambiare il Paese con riforme coraggiose. È un errore anteporre a ogni cosa legge elettorale e alleanze. Sono temi importanti, ma prima viene che idea abbiamo dell’Italia».

La sua proposta?
«Aprire un grande cantiere per elaborare un progetto riformista che dica agli italiani come vogliamo rimettere in moto la crescita, offrire opportunità ai giovani, rilanciare l’Europa, affrontare immigrazione e sicurezza. Definiamo il progetto e, a partire da lì, saremo in grado di costruire un nuovo centrosinistra e il perimetro delle alleanze».

Con Pisapia ci sono Bersani, D’Alema, Boldrini e tanti dem. Non è tafazziano tenere diviso quel mondo dal Pd?
«Non abbiamo nessuna ostilità, siamo pronti al confronto e a verificare se ci sono le condizioni per un’alleanza. Abbiamo fondato il Pd per dare all’Italia una forza riformista ed europea. È la coerenza del progetto il criterio per definire le alleanze. Io non posso allearmi, ad esempio, con chi mi propone di uscire dall’euro».

Santi Apostoli è il luogo simbolo dell’Ulivo, lei non ha nostalgia di quella stagione?
«Senza l’Ulivo non ci sarebbe stato il Pd, ma il Pd è nato per andare oltre e dare al centrosinistra una guida solida, secondo uno schema in atto in tutta Europa che vede l’alternanza non tra due partiti, ma tra due coalizioni, ciascuna guidata da una forza principale grande. Lavoriamo per costruire alleanze che consentano al campo progressista di vincere, con la modalità che consentirà la legge elettorale».

Prodi vuole gli «accorpamenti», Berlusconi chiede il sistema tedesco. E lei?

«Vedremo se ci saranno le condizioni per riaprire il confronto. Quel che non può accadere è esporci di nuovo a un incidente come quello che ha bloccato l’esame della legge qualche settimana fa».

Come spiega lo «smottamento» alle Amministrative?

«Per gestire riforme come Jobs act e Buona scuola hai bisogno di un partito che le faccia vivere nella società. Ci si è occupati troppo poco del partito e non si è arginato un progressivo infragilimento della nostra organizzazione».

Renzi dà troppa attenzione al web e poca al territorio?
«E il tempo della rete, ma non deve sostituire una presenza fisica. Obama vinse la prima volta usando molto i web, ma aveva 50mila attivisti che bussavano ogni giorno alle case degli americani».

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