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Gozi: “Un governicchio tornerà a prendere ordini”

«Noi euroscettici? Mi viene da ridire. In questo momento nessuno è più europeista di noi: stiamo lavorando senza tregua perché l’Ue sia coerente con se stessa. È una fase storica in cui non si fa il bene dell’Unione standosene zitti e preservando lo status quo». Sandro Gozi è soddisfatto dei «primi passi avanti» registrati nel bilancio annuale 2017. Ma resta guardingo. «Se per la prima volta nella storia ci siamo astenuti in questo voto a maggioranza – spiega il sottosegretario agli Affari europei – è per ribadire che sul bilancio multiannuale la nostra posizione non cambia: c’è un autentico e forte veto politico, e il veto resta sino a quando l’Europa non metterà le risorse là dove mette le parole. Senza noi e senza il lavoro degli europarlamentari non avremmo mai ottenuto più risorse per i giovani disoccupati, gli studenti Erasmus, le pmi oltre che per sicurezza e immigrazione. Ma vogliamo migliorare l’intero pacchetto finanziario, sia per il 2017 che per il periodo 2017-2020».

 

Il 14 dicembre davvero blocchereste i conti pluriennali?

Certo. I cambiamenti devono essere consistenti. I fondi non vanno ridotti ma aumentati. Sul bilancio multiannuale in Consiglio serve l’unanimità: valuteremo l’accordo complessivo e siamo pronti a bloccare tutto. Intanto ieri abbiamo ottenuto molto di ciò che chiedevamo, un primo risultato importante.

 

Che succede con il veto?

Inizierebbe un nuovo negoziato sul bilancio multiannuale su basi diverse, espansive. Intanto però il bilancio annuale 2017 è passato: a che servono allora questi toni duri? Lo ripeto: sul bilancio annuale serve la maggioranza assoluta del Parlamento e la maggioranza qualificata del Consiglio, non l’unanimità. Il veto che abbiamo posto sul bilancio multiannuale è servito a spacchettare i due temi. E anche sui conti 2017 l’effetto della nostra posizione è stato subito positivo: cito solo i 6 miliardi freschi, più 11 per cento, sull’immigrazione. L’astensione vuol dire «guardate che abbiamo appena iniziato».

 

Bruxelles sta aspettando il referendum per affondare il coltello sui conti italiani?

Vogliamo vincere il referendum anche per rendere la nostra posizione negoziale più forte.

 

Se il 5 dicembre nasce, citando Renzi, un «governicchio»?

Con un governicchio l’Italia tornerebbe a prendere istruzioni da Bruxelles. Molti sforzi fatti per infrangere il tabù dell’austerità potrebbero essere vanificati. Oggi l’Europa sa che nemmeno può ipotizzare per noi aumenti di tasse o patrimoniali. Cosa accadrebbe con una vittoria del No, non so dirglielo.

 

Monti critica i vostri attacchi all’Ue. Cosa ne pensa?

Mi dispiace per queste critiche. Ma se Monti nel 2013 avesse posto il veto a un bilancio che riduceva le risorse, come io e altri avevamo chiesto, oggi non dovremmo correggere scelte sbagliate. Il punto è che l’Italia a Bruxelles inizia a fare squadra e a difendere con più convinzione gli interessi nazionali e la nostra visione d’Europa. Dopo la Brexit i nostri partner hanno detto che serviva una sveglia all’Ue, ma dopo due giorni si sono riaddormentati tutti. Noi stiamo tenendo la sveglia accesa altrimenti la disintegrazione diventa una minaccia concreta.

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