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Zanda: “Un’alleanza Pd-5S sarebbe contro natura”

«Il Pd deve escludere, senza alcuna possibilità di ripensamento, qualsiasi maggioranza con i 5Stelle».

 

L’ex capogruppo Luigi Zanda, che appoggia alle primarie Nicola Zingaretti, marca la linea politica.

 

Zanda, se si arrivasse ad una crisi politica, i 5Stelle potrebbero diventare degli interlocutori per i dem?

«Qualsiasi maggioranza con i grillini sarebbe contro natura politicamente. E poi avremmo la ribellione della base del partito, dei dirigenti, dei gruppi parlamentari».

 

Non pensa che il M5S abbia, come spesso si dice, un’identità incerta e perciò plasmabile? Molti dei vostri elettori tra l’altro sono passati ai grillini.

«Conosco bene i 5Stelle perché nella passata legislatura ho avutomolti confronti politici con loro senza mai accettare confusioni, ma mantenendo una posizione nettamente alternativa. In questa legislatura la distanza tra il Pd e il Movimento è molto aumentata».

 

Per il patto con la Lega?

«La loro alleanza con il sovranismo di Salvini li ha resi sovranisti e sono diventati crudeli sull’immigrazione, ubriachi di governo. L`affaccio al balcone di Palazzo Chigi, gli insulti a Bankitalia e Tesoro, la richiesta di impeachment per Mattarella e quell’obbrobrio di demagogia che è stata la dichiarazione di Di Maio quando ha decretato la fine della povertà: come può un partito come il Pd anche soltanto pensare di allearsi con questa gente qui? ».

 

Eppure lei è grande elettore di Zingaretti, nel cui staff c’è chi non esclude aperture ai 5S, come Massimiliano Smeriglio.

«Sostengo Zingaretti. E mai potrei appoggiare un candidato che immagini una alleanza con i 5Stelle».

 

Quindi è pretestuoso dire che Zingaretti abbraccerà i 5Stelle?

«Penso ci sia da parte di pezzi di politica il tentativo di trascinare il congresso del Pd in un festival di insinuazioni, bugie, falsità e di pura fantasia politica. Una voglia matta di mortificare il dibattito prima di cominciarlo».

 

Però il Pd non riesce a rappresentare l’alternativa?

«La debolezza del Pd è obiettiva, anche al di là del suo 18%. È una debolezza che viene da ripetute sconfitte elettorali e dal fatto che al centrosinistra italiano manca un pensiero. E le ragioni sono tante: il Pd è nato molto, forse troppo in fretta. Inoltre il ventennio berlusconiano ci ha inchiodato all’antiberlusconismo. Nella sinistra mondiale poi, c`è una incapacità a gestire gli effetti della globalizzazione. E infine ci sono le docce scozzesi di Renzi: con luiabbiamo vinto molte battaglie e perse anche di più e più serie».

 

Renzi mantiene un potere di veto nel Pd?

«Ha una presenza forte nei gruppi parlamentari e nella direzione. La sua influenza si misurerà al congresso. La questione più seria che lo riguarda è che non sappiamo quali sono i sui progetti».

 

Lei pensa che Renzi lascerà il Pd? Se lo augura?

«L’intelligenza dovrebbe suggerire a Renzi di restare nel Pd, l’imprevedibilità lo porterà dove gli sembrerà per lui più utile. Non mi auguro che vada via e però spero dica: io dal Pd non me ne andrò ».

 

L’incertezza danneggia il Pd?

«Il tema di fondo del Pd non è Renzi ma recuperare l’orgoglio della sua storia, fatta di spirito liberale, di socialismo, di dottrina sociale della Chiesa e di azionismo. Deve ritrovare la capacità e la voglia di riaprire i rapporti di parentela con il mondo sindacale, con la scuola, con la ricerca e l`associazionismo civile».

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