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Zanda: “Il governo avrà vita breve guai se si torna al proporzionale”

«Bisogna fermare la tentazione di una legge elettorale proporzionale. Una legge deve essere fatta bene certo, però senza perdersi in chiacchiere». Luigi Zanda, il capogruppo del Pd al Senato, chiede una accelerazione: «La sentenza della Consulta del 24 gennaio sarà importante. Fisserà dei principi che dovremmo leggere insieme a quelli stabiliti un anno fa sul Porcellum. Ma prima si comincia il confronto in Parlamento e meglio è». E sul governo Gentiloni: «Avrà un tempo limitato, deve portare il paese alle elezioni».
 
Presidente Zanda, tre settimane dopo la batosta del referendum, quale è la lezione?
 
«Gli effetti dal punto di vista istituzionale sono evidenti. Cambiare ora la Costituzione in sei mesi come annunciava D’Alema, paladino del No, era allora e ancora di più oggi impossibile. La riforma costituzionale nasceva dalla necessità di ridurre alcuni vincoli che mortificano la nostra democrazia».
 
Non si cambia più nulla quindi?
 
«Certamente rimarremo con un bicameralismo paritario per un tempo lungo. È molto difficile che si riprenda il filo di una riforma. Conseguentemente non migliorerà la qualità delle leggi che nel passaggio da una Camera all’altra corrono i rischi maggiori. Continueremo ad avere molti decreti legge, maxi emendamenti e voti di fiducia. Non diminuiranno i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni».
 
Se il quadro è così negativo, cosa può fare il governo?
 
«Qualcosa da fare subito c’è: la revisione dei regolamenti parlamentari per semplificare la tecnica legislativa, alcuni accorpamenti dei servizi di Camera e Senato. Il risultato referendario va accettato, è ovvio, però le sue conseguenze vanno indicate con molta onestà. C’è un nuovo quadro politico-istituzionale. Ha mostrato lo spaccato di un’Italia in sofferenza».
 
E poi ci sono gli effetti politici
 
«Quelli sostanziali sono tre: si allontana la prospettiva del bipartitismo già messa in crisi dalla comparsa dei 5Stelle. Nei partiti aumenterà il peso delle correnti che già emergono persino tra i grillini. Infine aumenterà la spinta verso sistemi elettorali proporzionali».
 
Inevitabile una nuova legge elettorale proporzionale?
 
«Al contrario. È del tutto da evitare. Penso che sia necessaria una legge elettorale che garantisca la governabilità con un premio adeguato e con meccanismi di elezione dei parlamentari che li tengano legati ai territori, come succedeva con i collegi uninominali del Mattarellum. Una legge proporzionale ci allontanerebbe dall’Europa e ci porterebbe ai governi tri-quadri-pentapartito, che hanno prodotto i duemila miliardi di debito pubblico».
 
In una situazione politica pietrificata cosa può fare il governo Gentiloni?
 
«Ha davanti un tempo limitato. Dovrà portare il paese alle elezioni ma il premier ha tutte le qualità per guidare questa fase sia pur breve».
 
Anche il Pd sembra un partito imbalsamato nelle sue correnti pro o contro Renzi. Cuperlo, il leader della sinistra dem, dice che o si anticipa il congresso o il partito muore. È d’accordo?
 
«Il Pd è l’unico partito rimasto integro in Parlamento, i 5Stelle hanno perso pezzi molto consistenti. Il Pdl si è frantumato in quattro componenti. Il congresso si farà ma senza anticiparlo. Piuttosto avviamo subito un dibattito interno».
 
Tuttavia sempre più separati in casa nel Pd. Sui voucher la sinistra minaccia che se non si cambia voterà la sfiducia al ministro Poletti.
 
«Ci sono stati momenti in cui la discussione è andata oltre. C’è molta smemoratezza anche dentro il Pd sul bilancio degli ultimi tre anni. Senza le misure del governo Renzi l’Italia non starebbe a discutere dei 600 mila occupati in più, ma di 600 mila in meno. È pericoloso quando i dissensi interni si trasferiscono in continue dichiarazioni in Parlamento. I voucher però vanno rivisti per fame uso solo nelle situazioni in cui il mercato del lavoro lo richiede».
 
Il ministro Poletti si deve dimettere dopo la mozione di sfiducia delle opposizioni?
 
«Le affermazioni di Poletti non mi sono piaciute, ma penso che si debba prendere atto che le ha corrette e ha chiesto scusa».

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