No, non è vero che la difesa è sempre legittima, come sguaiatamente hanno gridato i leghisti nell’aula della Camera. Non lo è quando, per esempio, spari alle spalle di un ladro che, scoperto, sta fuggendo. O quando vedi qualcuno che tenta di entrare nel tuo garage e lo ammazzi mirandolo dalla finestra. La sicurezza dei cittadini è un problema serio e reale, che sta a cuore a tutte le persone perbene. È troppo serio per essere lasciato alle felpe di Salvini, alle ciniche cavalcate leghiste sul terreno delle paure. Che spesso sono reali.
Spesso percepite. E spesso colpevolmente indotte. Per un pugno di voti. È per questi sintetici motivi che il Pd ha detto, da tempo, un chiaro no alle propagandistiche proposte leghiste di riforma della legittima difesa. Quella stessa riforma fatta dieci anni fa da un ministro leghista. Abbiamo rifiutato il terreno delle paure. Il terreno del pericoloso messaggio, per niente subliminale, mandato ai cittadini: «Armatevi!». Lo abbiamo fatto con una proposta a firma Ermini, che tiene conto con serietà dell’evoluzione di certi tipi di reati, come i furti e le rapine nelle abitazioni. Interviene sull’articolo 59 del codice penale, quello dedicato all’errore. In parole semplici: se un cittadino, gravemente turbato, scioccalo dal trovarsi un ladro in casa, magari di notte, reagisce sopravvalutando il pericolo, magari sparandoo terrorizzato dal rischio che potrebbero correre i suoi familiari, beh, questa è legittima difesa.
Ma per il resto, come pensare di scardinare un principio-caposaldo dello Stato di diritto, quello della proporzione tra la minaccia e la reazione, tra l’offesa e la difesa? E come pensare di poter sottrarre al giudizio del magistrato la valutazione dei fatti, delle situazioni reali, del contesto di pericolo? La verità è che quelle t-shirt indossate dai parlamentari della Lega alla Camera, parlavano più di ogni altra cosa e dicevano che agitare il tema della sicurezza per loro è solo un pretesto elettoralistico. Il Pd e in aula è stato ribadito con determinazione era ed è pronto a votare la norma da noi stessi presentata, che tra l’altro nasce da indicazioni venute da un ciclo di audizioni sul tema che hanno coinvolto eminenti esponenti del mondo della magistratura, della ricerca, dell’università, delle forze dell’ordine e della sicurezza. Persone serie, per le quali, come per noi, la sicurezza dei cittadini va garantita sempre e non soltanto alla vigilia di consultazioni elettorali. Governo e maggioranza cercano di farlo. In una fase difficile, sono stati aumentati mezzi e risorse destinate alle forze di Polizia. Sono state elevate le pene per reati di particolare allarme sociale, come quelli legati a furti e rapine nelle abitazioni. Ma penso anche ad altro. Penso alle iniziative per la qualificazione urbana delle periferie. Alle riforme per creare lavoro e a quelle contro la povertà. Penso alle iniziative per la promozione culturale e la formazione dei ragazzi: so che non è facile per i Salvini sintonizzarsi su questo, ma quasi sempre un libro è molto più efficace di un’arma contro il crimine. Già, le armi. In Italia ne girano sette milioni.
Negli USA, dove la cultura da Far West è consolidata e connaturata con il Paese profondo e dove l’uso delle armi è drammaticamente diffuso, omicidi, stragi, suicidi angosciano l’opinione pubblica. Nel nostro Paese il fenomeno dei reati commessi in famiglia e dintorni (a partire dal femminicidio: due anche ieri!) è in crescita. Se si diffondessero ancora di più le armi, quante banali liti familiari o di condominio potrebbero sfociare in tragedia?
Sono problemi seri, reali, che vanno affrontati tenendo insieme il bisogno di sicurezza dei cittadini, che è Io stesso che sentiamo noi, le nostre famiglie, i nostri amici, con i principi della convivenza civile, dello Stato di diritto. Per questo, pur essendo pronti a votare, non abbiamo fatto certo barricate quando una forza della maggioranza ha proposto un supplemento di approfondimento in Commissione. Dentro la cornice civile e giuridica che la proposta-Ermini delinea, siamo certamente disposti a confrontarci su proposte migliorative. Ieri la magistratura ha archiviato la posizione di Graziano Stacchi, il benzinaio che un anno fa, in Provincia di Vicenza, reagì all’ennesima rapina e sparò, uccidendoun rapinatore armato. E stata, riteniamo, una decisione giusta, che conferma come le attuali norme, in piena sostanza, tutelino e riconoscano i casi di reale legittima difesa. Ma ancora più importanti sono le parole che Stacchio pronunciò un anno fa, consegnandole a una intervista. Dopo avere, giustamente, sottolineato che dovrebbe essere lo Stato a tutelare i cittadini, disse: «Non sono un eroe, non sono un modello. Non voglio essere un simbolo per nessuno. Non voglio che si spari in mio nome, né in Veneto, né in Sicilia». Ecco, queste parole i capi della Lega le conoscono bene, ma fanno finta di non averle lette. Fanno riflettere. E per loro è più semplice incentivare i muri che nascono, le barriere che si alzano, le armi che si comprano. Queste cose, probabilmente, faranno la fine delle ronde padane. Ma potrebbero essere pericolose.
Fonte: l’Unità