“Il ddl Cirinnà procede con fatica per le evidenti differenze di posizione che esistono all’interno della maggioranza e delle diverse forze politiche. L’Italia ha un obbligo giuridico a intervenire su questo tema, sulla base di una sentenza della Corte di Strasburgo del 21 luglio 2015 in cui si dice chiaro e tondo che l’attuale assetto normativo non tutela i diritti di una parte dei cittadini italiani. Da qui si deve partire”.
Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in un’intervista a la Repubblica, per il quale “mi sembra comunque ragionevole cercare il consenso più ampio”.
“Il dissenso di Alfano all’interno della maggioranza indubbiamente pesa – osserva Orlando – perchè è chiaro che Ncd è un alleato fondamentale all’interno della coalizione ma è fisiologico che si possa sostenere un programma di governo, senza per questo avere le stesse opinioni su questioni eticamente sensibili”.
Quanto alla sua opinione sulle unioni civili, dice: “Dev’essere molto chiaro il fatto che unioni civili e matrimoni sono due cose oggettivamente diverse. Oggi in Parlamento ci sono le condizioni politiche per realizzare le prime, rispondendo così a quel richiamo di Strasburgo. Questo non pregiudica la possibilità di individuare in futuro altri strumenti che riconoscano più organicamente questi diritti”.
Sulle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso Orlando voterebbe a favore: “Sì. Molto dipenderà da quale punto di equilibrio sarà raggiunto in Parlamento. Sicuramente trovo ragionevole che quando uno dei due partner ha un figlio da un precedente matrimonio, il bambino possa diventare figlio della coppia”.
Infine, sulla decisione del Consiglio di Stato, il Guardasigilli osserva: “Al di la’ dell’attivismo sui social network di uno dei componenti del collegio, il Consiglio di Stato si è limitato a sottolineare un dato di fatto, un vuoto normativo c’è e va colmato. Presumo fosse chiaro anche ai sindaci che avevano fatto la registrazione, che quella poteva essere più una provocazione che una soluzione al problema che può venire soltanto dal Parlamento”.