“La deadline è già fissata 25 marzo 2017, 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma. Se lì riusciremo a dare una nuova visione, bene. Altrimenti quel giorno rappresenterà l’inizio della disintegrazione” afferma il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, in una intervista ad Avvenire.
E sottolinea: “Continuo a leggere che l’Italia fa ‘baccano’ per lo 0,1 per cento di flessibilità in più o in meno. Sciocchezze. Noi stiamo ponendo il problema del futuro dell’Europa. Lo facciamo per la nostra tradizione europeista e per onorare il grande contributo all’Ue di italiani come Carlo Azeglio Ciampi.
Se da qui al 25 marzo non avremo una vera strategia su crescita, sicurezza e immigrazione possiamo chiudere la baracca. Lo status quo è la premessa dello smembramento”.
Inoltre sottolinea: “Weidmann è il presidente della Banca centrale tedesca, non rappresenta il governo federale. Sul tema delle clausole di flessibilità la nostra posizione è chiara e ormai stanca anche ripeterla il Patto di stabilità e crescita prevede la regola della flessibilità, che prima non era utilizzata e che su impulso del nostro governo è stata riportata alla sua giusta evidenza.
La flessibilità non è una gentile concessione, è messa nero su bianco. Ma a prescindere dagli aspetti formali, ce n’è uno sostanziale: negli anni dell’austerity la crescita si è ridotta, la disoccupazione è aumentata e il debito è cresciuto. C’è una sola parola per definire questa cura: fallimento.
Usare la flessibilità per aiutare la crescita è oggi la principale strategia da perseguire, utile poi anche per abbattere il debito pubblico”. E conclude: “Ciò che deve cambiare è che nessuno dovrà più avere il potere di veto e sbarrare la porta del futuro per piccoli egoismi nazionali”.