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Ue, Gentiloni: Tracciare la strada del nostro futuro

L’intervento del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni su La Stampa: “Modello Ue sotto attacco, ripartire dalla fiducia”.

 

«Non ci sono disfatte se non quelle che si accettano» così Jean Monnet, uno dei fondatori dell’Europa unita, commentava, anni dopo, quella che all’epoca era sembrata una battuta d’arresto decisiva dell’integrazione europea: il fallimento del progetto di difesa comune, nel 1954. Per molti, una débâcle dalla quale era quasi impossibile ripartire. Ma non per monnet, non per Gaetano Martino, che poco dopo diventò ministro degli Esteri dell’Italia, o per il suo omologo belga Paul-Henri Spaak, o per il cancelliere tedesco Konrad Adenauer. Loro, e altri, non vollero accettare quella sconfitta. E grazie alla loro tenacia e alla loro intelligenza politica, il 25 marzo del 1957, Italia, Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi si riunirono a Roma per firmare i Trattati con i quali è iniziato davvero il nostro progetto di integrazione.

 

Quel giorno, con la nascita della Comunità economica europea, è partito il viaggio che ci ha portati, col tempo, al Mercato Comune e poi all’Unione Europea e che ha consentito al nostro modello di esprimere tutte le sue potenzialità.
Una «European way of life» costruita sulla pace, la libertà, la democrazia. Sulla scelta vincente del più grande mercato unico al mondo e radicata nei nostri sistemi di welfare, che hanno creato società più giuste ed eque.

 

Non possiamo nascondere, però, che ora questo modello vincente è sotto attacco: il mancato completamento del governo politico dell’euro e la lentezza nel dare risposte coordinate ai flussi migratori ci hanno messi di fronte ai punti deboli della nostra azione. Il calo della fiducia nelle istituzioni europee attraversa le nostre società e le nostre opinioni pubbliche. Non bastano gli aggiustamenti momentanei o le risposte a singoli eventi come Brexit. Dobbiamo ripartire.

 

Vogliamo farlo da Roma, il 25 marzo, quando con i Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea celebreremo il sessantesimo anniversario di quei Trattati: non solo con una «foto di famiglia», ma con l’obiettivo di tracciare la strada da percorrere nei prossimi dieci anni e oltre. Partendo da alcuni punti fondamentali: abbiamo l’urgenza di rispondere alla domanda di crescita economica, di investimenti e di lavoro. Crediamo nelle riforme strutturali sul piano interno, ma è il momento di un forte impegno comune per uscire dalla crisi, per ridurre i livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile. I Millennial della Ue sono la generazione meglio istruita e formata della nostra storia. Servono risposte per assicurare loro un futuro che sia degno delle loro speranze e aspettative.

 

E dobbiamo affrontare le sfide della crescita recuperando il meglio della tradizione sociale dell’Europa, del suo modello di welfare. Mettendo al centro la protezione sociale, la riduzione delle disuguaglianze e della povertà, per non lasciare indietro nessuno. Solo così potremo anche rafforzare la fiducia nei confronti delle istituzioni comunitarie. Sappiamo che il contesto mondiale è mutato: gli scenari di crisi nel Mediterraneo, il rischio terrorismo e l’accresciuta instabilità dell’ordine internazionale ci impongono di assumere responsabilità maggiori, con azioni europee più coese e integrate sulla difesa e sulla sicurezza. E servono efficaci politiche comuni sull’immigrazione: non per accontentare una richiesta dell’Italia, ma per rispettare le decisioni già prese insieme a livello europeo. Dobbiamo collaborare nel rispetto dei diritti umani e della democrazia, per conservare una conquista fondamentale come la libera circolazione delle persone.

 

Accanto a questi impegni, servirà una riflessione comune sulle forme del nostro stare insieme. L’Italia – assieme a Francia, Germania, Spagna e altri Paesi – ha mandato negli ultimi tempi un segnale forte su questo. Crediamo sia arrivato il momento di una Ue più coesa, ma che possa, allo stesso tempo, consentire diversi livelli di integrazione. È giusto che i Paesi possano avere ambizioni diverse e che a esse ci siano risposte diverse. È una strada già prevista nei nostri Trattati, ed è uno strumento che dobbiamo utilizzare per avere un’Unione Europea più semplice, più efficace, più in grado di rispondere alle sfide del presente, che permetta a chi ne ha intenzione di andare più veloce e più lontano.

 

La spinta delle forze nazionaliste e anti europeiste non è affatto irresistibile, ce lo hanno dimostrato le recenti elezioni olandesi. E con un atto di fiducia nel futuro possiamo ridare slancio al nostro progetto comunitario. Con questa stessa fiducia, i fondatori dell’Europa hanno compiuto le scelte che hanno donato al nostro continente decenni di benessere e di sviluppo. Se a partire da Roma saremo capaci di recuperare questo spirito, il progetto di integrazione europea avrà ancora molto da dare”.

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