Sig. Presidente della Camera, sig. Presidente del Consiglio, lei domani a nome dell’Italia avrà il grande onore e la grande responsabilità di rappresentare il nostro Paese dentro il consesso di un Consiglio europeo che mai probabilmente come domani sarà un momento storico nella vita dell’Unione.
Mi faccia dire che sarà un momento storico. Ho visto e abbiamo visto tutti la grande manifestazione di piazza a Tbilisi qualche giorno fa, la grande manifestazione di piazza a Chisinau qualche giorno fa. Città lontane da noi, ma città nelle quali la bandiera europea ha invaso le piazze nelle quali quei cittadini, i cittadini della Georgia, i cittadini della Moldova, hanno suonato e cantato l’Inno alla gioia, l’inno che ci unisce. Quella bandiera che ci unisce, quell’inno che ci unisce.
Mi faccia dire, sig. Presidente, che lei domani secondo noi deve andare soprattutto a dare la forza della testimonianza, dell’orgoglio di quella bandiera, che è la nostra bandiera. La bandiera europea che è accanto alla bandiera italiana e che rappresenta per noi il completamento naturale della nostra identità nazionale.
Quell’orgoglio fatto di valori e fatto di ciò che in questi oltre 100 giorni il nostro Paese, insieme a tutta l’Europa, ha fatto con l’aspirazione alla pace che lei ha messo al centro del suo intervento stamattina e ieri al Senato e che è l’aspirazione di tutto questo Parlamento, l’aspirazione del nostro Paese. L’aspirazione che guida le nostre scelte.
Scelte che hanno visto un’Italia che oggi sta giocando un ruolo importante dentro l’Unione europea. Mi consenta, On. Meloni, di non essere d’accordo con il passaggio del suo intervento nel quale non è riuscita a riconoscere un fatto storico nella vita del nostro Paese e dell’Europa. Ma per un motivo molto semplice. Le foto contano. Contano nella storia, contano nelle immagini. E la foto conclusiva della prima guerra di invasione della Russia nell’Ucraina era una foto che aveva due protagonisti europei: il Presidente francese e la Cancelliera tedesca. E basta, solo loro. La foto che è stata raccontata da tutto il mondo qualche giorno fa, l’Europa va a Kiev, è una foto che ha tre protagonisti: il Cancelliere tedesco, il Presidente francese e il Primo Ministro italiano. E sappiamo tutti bene che la storia del nostro Paese, della sua politica estera, è sempre una storia in bilico. Tra giocare per i primi posti della Serie B o giocare in Serie A.
Quella storia è legata al ruolo del G7, al fatto che noi siamo il terzo Paese europeo del G7 e non ce ne sono altri. Del fatto che noi facciamo parte del G20, terzo Paese europeo del G20 e non ce ne sono altri. Ma del fatto che non sempre questo nostro ruolo è riuscito a raggiugere risultati che in questo caso sta raggiungendo.
Mi faccia dire, On. Meloni, che per noi questo è l’interesse nazionale. Ed è l’interesse che il nostro Partito, il nostro Governo e il nostro Paese stanno portando avanti con il Presidente Draghi.
Ma domani, sig. Presidente del Consiglio, lei avrà il compito, insieme ai suoi colleghi, di fare passi fondamentali per costruire la nuova Europa. Quella nuova Europa che è necessaria dopo quello che è successo a partire dal 24 febbraio.
Le voglio dire qui le parole che domani, in modo più disteso, esprimerò nella riunione del pre-vertice della nostra famiglia dei progressisti europei, insieme al Cancelliere tedesco, ai Primi Ministri francese, spagnolo, portoghese, finlandese e svedese.
Costruire la nuova Europa, avere l’ambizione domani di fare scelte impegnative, che non siano solo retorica, di dire “o di qua o di là”. La prima, lei l’ha citata nel suo intervento: aprire la stagione di una Convenzione europea, come la Conferenza sul Futuro dell’Europa ha chiesto, come il Parlamento europeo ha chiesto, sede della sovranità popolare dei cittadini europei. Quella Convenzione, con l’obiettivo principale di togliere il diritto di veto e il voto all’unanimità all’interno dell’Unione europea. Togliere il diritto di veto vuol dire evitare che succeda, come è successo anche in questi mesi, di avere il solito Orban alleato di Putin in ogni passaggio a fare di tutto per bloccare l’Europa.
Non è questa l’Europa che vogliamo costruire. Noi abbiamo bisogno di quella Convenzione e di quelle scelte istituzionali. Abbiamo bisogno di una scelta, noi l’abbiamo chiamata Confederazione europea. Il termine che oggi è in più voga è Comunità politica europea o quello proposto dal Presidente del Consiglio europeo, Comunità geopolitica europea.
Ma io insisto sul punto per un motivo molto semplice. Se non creiamo questo luogo nel quale i 36 Paesi – 27 più 9 Paesi candidati – stanno insieme, condividono lo stato di diritto, condividono le scelte di costruzione di un’area di libero scambio, si riporterà la storia all’ultimo decennio del ‘900, che è stato negativo da questo punto di vista. Con tutti i Paesi candidati dell’Europa centrale e orientale a cui abbiamo fatto tante promesse, si sono create tantissime attese, e poi ci sono voluti, per alcuni di loro, 15 anni per entrare.
Tante frustrazioni di quei Paesi oggi sono figlie del fatto che quella scelta fu costruita in un rapporto esclusivamente bilaterale, tra le singole capitali dei Paesi candidati e Bruxelles. Senza la creazione di quello spazio multilaterale che invece noi vogliamo oggi e, On. Valentini, mi consenta di contraddire quello che ha detto prima, che non è la sala d’attesa. È il modo migliore per far sì che questi Paesi comincino a condividere lo spirito multilaterale dell’Unione europea. La forza dell’Unione europea. Come ha sempre ripetuto Romano Prodi, siamo l’unica istituzione al mondo che è fatta di un’unione di minoranze.
E bisogna saper vivere in un’unione di minoranze, avere rispetto nei confronti degli altri e soltanto la vita dentro un organo multilaterale come quello lo consente.
Il terzo punto: noi siamo per concedere lo status di Paese candidato all’Ucraina e alla Moldova. Glielo diciamo con forza, è una scelta che chiediamo che il Governo sostenga perché crediamo sia importante.
Crediamo anche che il suo viaggio con il Cancelliere Scholz e il Presidente Macron abbia forse consentito ai suoi due interlocutori di farsi più convinti di una scelta della quale Francia e Germania fino ad oggi non erano così convinti.
Altra dimostrazione di un ruolo guida del nostro Paese che dobbiamo continuare a portare avanti sull’altro grande tema che domani sarà affrontato: quello dell’energia. Il tetto al prezzo del gas, di cui lei ha parlato, ma soprattutto lo sforzo sulla sostenibilità. Non facciamo sì che Putin vinca anche riportandoci indietro sugli obiettivi di sostenibilità. Portiamoli avanti, portiamoli avanti con determinazione. La siccità che stiamo vivendo in questi giorni è drammatica.
E anch’io voglio rivolgermi ai 539.000 studenti italiani che in questo momento stanno svolgendo il loro esame di maturità. A loro, a quella generazione, che ci chiede di prendere impegni, impegni duraturi per il futuro. Noi dobbiamo evitare, sig. Presidente, una guerra di civiltà. Noi europei, noi occidentali dobbiamo evitare di trovarci contro il resto del mondo. Lo sforzo che chiediamo al resto d’Europa è quello di moltiplicare le relazioni. Dobbiamo isolare la Russia, non dobbiamo isolarci noi. Sono due scelte diverse.
Mi faccia completare il ragionamento su uno dei passaggi più importanti della vita europea di questi 100 giorni al quale noi teniamo particolarmente. L’Europa ha svoltato dopo 20 anni sull’applicazione della direttiva sullo status di rifugiato. Basta con il Mediterraneo mare di morte.
Voglio concludere, sig. Presidente, chiedendo al Governo un’attenzione particolare sul tema dell’inflazione. Dei costi della guerra per i cittadini italiani, per le imprese italiane. Abbiamo fatto tutti e stiamo facendo tutti campagna elettorale. Gli elettori ci hanno chiesto un’attenzione particolare perché sono preoccupati e siamo preoccupati con loro. L’inflazione è la tassa più diseguale che ci sia: colpisce i più deboli, molto di più di quanto colpisca i più forti. Ecco perché la scelta che lei ha fatto di tassare gli extraprofitti delle grandi compagnie petrolifere ed energetiche è la scelta giusta, una scelta di redistribuzione sociale che abbiamo profondamente condiviso ed è la strada
con la quale dobbiamo andare avanti.
Termino, sig. Presidente della Camera: non possiamo, in questa vicenda e nelle scelte che abbiamo davanti, farci guidare dalla nostra stanchezza. Non possiamo farci guidare dalla stanchezza della nostra opinione pubblica o dalla stanchezza che vedo nei nostri talk show.
Gli ucraini non sono stanchi, gli ucraini stanno morendo. Noi continueremo a sostenerli e insieme a loro a sostenere la libertà e la democrazia che sono i valori al cuore della nostra civiltà.