“Via gli alibi, via le scuse, adesso affrontiamo il problema centrale del Paese: si chiama crescita e quindi massimo sostegno agli investimenti”.
Anche il responsabile economico del PD, Filippo Taddei, in una intervista a la Stampa, cita il caso Ryanair per dire che questa “è una politica che paga”.
“Bene investire in opere pubbliche, ma la vera ripresa la si ottiene spingendo l’acceleratore sugli investimenti privati”, sostiene. Per questo con la nuova legge di stabilità occorre potenziare gli incentivi per le nuove imprese e continuare a ridurre il peso delle tasse, a partire dall’Ires “non certo per fare un regalo alle imprese come dice qualcuno, ma come ulteriore propulsore agli investimenti. L’investimento è un vigliacco: chi investe è spaventato dal futuro. E per questo va tranquillizzato e gli va data una prospettiva”.
Taddei sottolinea che “bisogna spingere sugli investimenti che rispetto al periodo pre-crisi sono il vero assente”, “alle imprese dobbiamo dare un messaggio di tranquillità: volete investire in Italia? Ebbene, qui troverete condizioni che il Paese non vi ha mai offerto. Perché va bene realizzare nuove strade e nuovi ponti, certo aiutano ed il governo è impegnato realizzare tutte le infrastrutture che servono, ma è evidente che la base produttiva si ricostruisce per davvero solo se i privati tornano a fare produzione in Italia e a investire nuove risorse creando quelle iniziative che creano nuova occupazione”.
Il responsabile economico del PD, nell’intervista, inoltrereplica a chi afferma che ‘l’Italia è la malata d’Europa’: “Io inviterei a guardare non solo gli ultimi titoli ma anche quelli che li hanno preceduti. Certamente c’è una grande aspettativa rispetto a quello che l’Italia può realizzare e c’è in questo momento il dubbio che aleggia è relativo al fatto che possa continuare o meno il cammino di riforme intrapreso, ed è un dubbio legittimo a fronte di una scadenza molto importante quale il referendum costituzionale, che a prescindere dal merito rappresenta un momento simbolico.
Il Paese può infatti rinnovare la propria promessa di cambiamento e trasformazione oppure la può interrompere. Ma in quest’ultimo caso è inevitabile che si produca un rallentamento e dell’incertezza, ed è questo che può spaventare qualcuno”, “non c’è nessuna ragione per sostenere che l’Italia è il malato d’Europa, c’è certamente ragione nell’osservare che l’Italia è di fronte ad un passaggio delicato.
Ma se guardo in giro per l’Europa vedo molti altri punti di fragilità ed è difficile pensare che l’Italia rappresenti il problema più grande. Penso ad esempio alla Spagna, che da mesi fatica a comporre un governo ed è pure sotto procedura per deficit eccessivo”.