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Taddei: in piazza per spiegare ai cittadini che l’Italia cambia passo anche sulle tasse

«A differenza di quel che si può pensare, abbiamo scelto il 16 giugno non perché si è a ridosso dei ballottaggi, ma perché è una data simbolo in tema di tasse, una scadenza fiscale per versare vari tributi nella quale tanti italiani si “accorgeranno” che non pagano più la Tasi sulla prima casa e molti altri, nel momento del conguaglio, apprezzeranno il minor peso dell’Irap». Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, si accinge come tanti altri democratici ad affrontare una giornata particolare, nella quale parlamentari e responsabili del partito illustreranno nelle piazze italiane quanto fatto dal governo in materia di riduzione delle tasse.

 

Facciamo finta che si sia già in piazza: ad un lavoratore dipendente che le chiede quali sono i benefici fiscali che lo riguardano, cosa risponde?

«Innanzitutto gli ricordo che fa parte di quel 40%, appunto i lavoratori dipendenti, fra le persone che da quest’anno non debbono più pagare la Tasi sulla prima casa. Se poi la sua remunerazione è al di sotto dei 26mila euro lordi, allora è un lavoratore che ha anche benefidato degli 80 euro in busta paga introdotti da questo governo. Inoltre, nel caso si trattasse di un neo assunto a tempo indeterminato, gli direi anche un’altra cosa».

 

Ovvero?
«Innanzitutto una premessa: oggi, a vederci nelle piazze ce ne saranno molti di neo assunti a tempo indeterminato, se è vero che soltanto nel 2015 il loro numero ha sfiorato il milione. A queste persone spiegherò che a concorrere alla loro assunzione c’è stata anche la decontribuzione, voluta dall’esecutivo a beneficio delle aziende, che ha comportato una drastica riduzione del costo del lavoro, qualcosa come ottomila euro all’anno. Le stesse aziende che hanno trovato più facile assumere personale anche per le maggiori risorse disponibili “liberate” dalla citata riduzione dell’Irap. Insomma, a un lavoratore dipendente dirò che ha risparmiato i soldi della Tasi, in media 200 euro all’anno, che guadagnando meno di 26mila euro si ritrova in tasca ogni mese 80 euro in più e, nel caso sia stato assunto da poco, che lo deve anche agli sgravi fiscali e contributivi per le imprese introdotti dal governo. Non credo sia poco».

 

E nel caso che a chiedere conto dei benefici ricevuti sia proprio un imprenditore, oltre che di Irap e di decontribuzione gli parlerà di altro?
«Certamente. In particolare mi soffermerò su una tassa che abbiamo eliminato e che, giustamente, veniva ritenuta “odiosa” oltre che incoerente. Mi riferisco alla cancellazione dell’Imu relativa ai macchinari imbullonati. Succedeva, infatti, che un imprenditore il quale faceva un investimento aprendo un capannone, nel momento in cui lo valorizzava da un punto di vista produttivo installando al suo interno dei macchinari fissi importanti, appunto i cosiddetti imbullonati, si trovava a dover sopportare un ulteriore esborso per il pagamento di questa tassa. Abolirla ha rappresentato un segnale di sostegno molto concreto per coloro che avevano ed hanno intenzione di investire, anche perché si tratta di un tributo che pesava per circa 530 milioni di euro. Ed il tutto acquista una valenza ancora maggiore se “accoppiato” con un’altra decisione del governo guidato da Matteo Renzi».

 

Quale?
«Oltre che dell’eliminazione dell’Imu sugli imbullonati va tenuto conto del superammortamento. legame è chiaro: non solo l’imprenditore nel momento in cui investe si vede eliminare una tassa odiosa, ma ha la possibilità di effettuare l’ammortamento deducendo non il 100% del suo investimento ma di arrivare fino al 140%. Quindi non ci si è limitati ad eliminare un “fastidio”, ma dall’esecutivo è arrivato anche un sostegno agli imprenditori che prima non c’era».

 

Nelle piazze qualcuno potrebbe farvi notare che mentre gli effetti del Jobs Act sono certificati dal positivo andamento del mercato del lavoro, il calo delle tasse non sembra ancora avere impattato sul rilancio del Pil e dei consumi.
«Il calo delle tasse influisce sugli investimenti e sui consumi nel momento in cui viene percepito non alla stregua di un fatto episodico ma come qualcosa di strutturale. Ed è esattamente il tipo di azione che sta portando avanti da due anni questo governo. Il nostro scendere in piazza serve a spiegare pure questo,
anche se la prova migliore sarà il perseverare, con i già annunciati tagli sull’Ires e sull’Irpef nel prossimo biennio».

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