Oltre i toni trionfalistici del governo all’incasso della quarta rata dei fondi del Pnrr – sono arrivati ieri 16,5 miliardi, portando l’Italia oltre i 100 milioni dei 194,4 a sua disposizione – ci sono i bilanci su un piano di realtà, i progetti cancellati, le ambizioni dimenticate, quello che La Repubblica definsice “le occasioni perdute del Pnrr”. Un dossier pubblicato il 27 dicembre sul quotidiano mette in fila 10 grandi progetti che l’esecutivo non riuscirà a portare a termine, malgrado i soldi dell’Europa.
Da Nord a Sud ce n’è per tutti: non progetti di poco impatto, ma un’autentica occasione persa per modernizzare il Paese, contrastare il dissesto idrogeologico e riqualificare i territori. Sono essenzialmente infrastrutture, cadute sotto la scure del definzanziamento: fondi dirottati su altre opere nella tanto discussa revisione meloniana del Pnrr, spiega Repubblica. Nelle parole del ministro Fitto, la giustificazione: il rischio di non raggiungere gli obiettivi nei tempi stabiliti. Tempi, obiettivi, e fondi che il governo Meloni è incapace di portare a termine. Gli ennesimi progetti destinati ad accrescere il mare magnum degli incompiuti italiani. Scopriamo questi ultimi 10.
Si parte dall‘anello ferroviario romano, che per essere chiuso aspetta la completazione del tratto Vigna Clara–Tor di Quinto, ma non si farà, così come è stata cancellata la nuova ferrovia Roma–Pescara, che si aspettava dal 2002. Insieme a loro, salta il terzo valico di Giovi, quello che collegherebbe Genova e Tortona, la Liguria alla Pianura padana, e, neanche a dirlo, l’alta velocità Palermo-Catania, che ha visto 787 milioni di euro andare – quelli sì velocemente – altrove.
Ma non di soli trasporti si manca: a rischiare grosso c’è il collettore di scarico delle acque piovane di Campi Bisenzio, alle porte di Firenze: quelli di cui ci si ricorda solo quando si finisce sott’acqua. Ci sono le vele di Scampia, quei palazzoni assurti a simbolo di Gomorra: due sono da abbattere, uno da riqualificare, per ricostruire 433 nuovi alloggi. I soldi messi a gara ad oggi sono meno dell’1 per cento, ci informa Repubblica.
C’è la riqualificazione dell’ex fabbrica dell’amianto Fibronit in Puglia, chiusa da 38 anni, che continua a mietere vittime. Il Parco della Rinascita, il grande polmone verde che è stato progettato in suo luogo, rischia di restare una speranza, insieme alla bonifica dell’area delle ex fonderie di Modena, destinate ad accogliere il Distretto per l’accelerazione e lo sviluppo della tecnologia. Non sono esenti dal forte rischio di fallimento Lombardia e Piemonte, la prima in ritardo sulla digitalizzazione: il piano Citizen Inclusion ha mancato a luglio scorso l’ultima scadenza, bloccando il via libera ai fornitori, eil secondo è fermo al palo col nuovo polo sanitario di Novara. E qui siamo al paradosso, perché gli oltre 125.000 metri quadrati e i 671 posti letto previsti non sono finanziati dal Pnrr, ma la gara continua ad andare deserta perché tutte le imprese sono impegnate su quel fronte.
E su aggiustamenti e recuperi tardivi c’è poco da sperare, se solo pochi giorni fa il governo strombazzava esultante per l’accordo raggiunto sull’importo della quinta rata, quella che ci si appresta a chiedere: l’aggiustamento che c’è stato, è di un accordo al ribasso. Ce lo ha ricordato bene Alessandro Alfieri, responsabile Riforme e PNRR del Pd: sono “ben 17 obiettivi di meno e 7,5 miliardi in meno (di cui 4,5 a fondo perduto) per il prossimo anno. Meno risorse e il rischio di dover ricorrere ad aste aggiuntive di BTP. La verità è che questo accordo sposta sulle prossime rate obiettivi più impegnativi”. Sul PNRR quello che ci si prospetta è un fallimento totale del governo, che porta con sé la più grande delle occasioni perdute per un Paese più moderno, sicuro, a misura di cittadine e cittadini che chiedono futuro.