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Speranza: “Il rischio scissione resta se il Congresso è una gara lontana dai guai dell’Italia”

A un passo dalla direzione di lunedì, il PD resta sull’orlo della scissione.

 

«Sì ragiona Roberto Speranza se non ascoltiamo la nostra gente. Io giro l’Italia invocando unità, ma se continuiamo a ignorare chi si sente già lontano dal Pd, la situazione rischia di non essere più recuperabile. Il problema è che Renzi non può dimenticare che tra i punti irrinunciabili del nostro partito c’è la necessità di mettere prima l’interesse del Paese. Il segretario è pronto a farlo?».

 

Speranza, per iniziare: sempre contrari al voto a giugno?

 

«E interesse del Paese tenere elezioni tra quattro mesi? Non è forse più ragionevole usare la forza parlamentare del Pd per fare due o tre cose utili? Penso alla misura universale contro la povertà, a interventi sulla scuola e sul mercato del lavoro».

 

E se Renzi propone un congresso in tempi strettissimi, voi ci state?

 

«Il 2017 è l’anno del congresso, che io ho chiesto per primo a febbraio 2016. Il punto, però, è non trasformarsi nel partito dell’avventura. Se tutto si risolve in una gazebata, organizzata in quattro e quattr’otto, allora significa che non abbiamo capito nulla di quanto accaduto».

 

Scusi, prima chiedete un congresso e poi sostenete che è meglio non fare in fretta?

 

«I renziani hanno varato l’hashtag “efamostocongresso”, il mio è: “facciamouncongresso vero”. Non accetto una sfida tipo figurne Panini, con le faccine di Renzi o Speranza. Dobbiamo riempire questo appuntamento di sostanza. Ragionare sulla lettura troppo morbida della globalizzazione data in questi anni. Guardare alla crisi della sinistra. Interrogarsi sulla svolta francese con Hamon».

 

Mi permetta, Speranza: se lunedì la scelta dovesse diventare quella tra un congresso lampo e elezioni a giugno, l’opzione scissione diventerebbe realtà?

 

«Nello scenario che mi descrive, il Pd non sarebbe più il Pd. Sarebbe come far finta che non esistono tanti nostri elettori che non sono rappresentati e si sentono già fuori dal Pd. In questo caso, la situazione non sarà più recuperabile».

 

Se lei fosse il segretario, quando convocherebbe allora l’assise?

 

«Io avvierei la macchina nel modo più opportuno, e poi valuterei i tempi sulla base dello schema che abbiamo in mente. Perché sa, non è irrilevante immaginare una legge elettorale con le coalizioni o con un meccanismo diverso. A proposito, Renzi cos’ha in mente?».

 

Lo dirà lunedì, voi però sembrate cambiare posizione in base a quello che sostiene il segretario, soltanto per logorarlo. E così?

 

«No, guardi, prima abbiamo varato la legge più maggioritaria del mondo e adesso pensiamo al meccanismo più proporzionale possibile, passiamo dal premio di coalizione al Consultellum: si rende conto del livello di improvvisazione? C’è troppa disinvoltura, qua c’è in gioco l’Italia, non il destino di Renzi o Speranza».

 

A sinistra intanto spunta un candidato al giorno: lei, Emiliano, Rossi. E ancora, giocano una partita anche Pisapia e D’Alema. Non sarebbe meglio trovare un accordo tra voi, per essere competitivi?

 

«Intanto qualche mese fa c’erano poche voci di gufi a opporsi. Oggi c’è pluralismo. E un passo avanti, ora dobbiamo lavorare per costruire un punto di vista alternativo a Renzi».

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