Due giorni fa in Danimarca. E prima in Finlandia, Spagna, Slovacchia, Svezia. Le elezioni degli ultimi mesi sono state vinte da partiti socialdemocratici e progressisti.
Non parlerei di una nuova primavera della sinistra europea. I numeri sono talvolta contenuti (attorno al 25% per le socialdemocrazie nel nord) e anche quando sono più alti (il 28.7 del Psoe) producono governi di minoranza. Che del resto è la formula con cui sono governati una buona metà dei paesi Ue.
Allora la sequenza è solo frutto del caso? Credo di no.
Due tendenze di fondo vanno osservate. La prima è una correzione di rotta della sinistra europea. La nuova rotta rimette al centro i temi del lavoro e della giustizia sociale, mette finalmente al posto giusto quelli ambientali e si confronta con la domanda di sicurezza e di identità. Non è un ritorno alla sinistra del secolo scorso, tantomeno una virata radicale (quasi tutti i partiti vincenti hanno concorrenti radicali alla propria sinistra). Al contrario è una risposta ai limiti sociali e ambientali della crescita e alla sfida nazionalpopulista.
La seconda tendenza riguarda i nostri concorrenti nel campo europeista. Da molto tempo si misurano le conseguenze dell’avanzata della destra populista sulla base tradizionale dei progressisti, il fatto nuovo (ancora sottovalutato) è che questa avanzata ormai indebolisce almeno in egual misura i partiti conservatori tradizionali. Dominanti appena dieci anni fa con Merkel, Sarkozy, Cameron e Berlusconi, oggi i conservatori appaiono perfino meno attrezzati dei progressisti di fronte alla spinta nazionalista che talvolta, come in Italia, si illudono di poter inseguire.
Lezioni per il Pd. Mettere al centro il tema del lavoro, anche sul piano simbolico (ha ragione Battista sul Corriere). Finirla con la sottovalutazione del tema ambientale. Considerare la sicurezza come un irrinunciabile obiettivo di sinistra (cfr. Minniti). E non perdere il profilo di partito di centrosinistra in cui confluiscono diverse tradizioni culturali. Questa nostra specificità viene da molto lontano. Piuttosto che perderla, la farei tutelare dall’Unesco.