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Silvia Costa: tutela dei diritti della donna e lotta alla violenza

Un terzo delle donne nell’Unione europea – vale a dire 62 milioni – hanno sperimentato violenza fisica e/o sessuale fin dall’età di 15 anni.

 

Il 75% delle donne che lavora hanno sperimentato le molestie sessuali; una donna su dieci ha subito molestie sessuali o stalking attraverso le nuove tecnologie.

 

Più di un europeo su quattro ritiene che un rapporto sessuale non consensuale possa essere giustificato, mentre più di uno su cinque pensa che le donne tendano ad inventarsi o a esagerare presunti abusi o stupri (Sondaggio dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali).

 

Secondo l’ultimo Eurobarometro, inoltre, circa tre quarti (74%) dei cittadini europei pensano che la violenza di genere sia un fenomeno comune nel loro Paesi. Di fronte a questo quadro drammatico la battaglia per i diritti delle donne e per le leggi contro la violenza sessuale in Europa non si ferma.

 

A patire dalla campagna per l’adozione e la ratifica della convenzione di Istanbul sulla lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica da parte di tutti gli Stati membri e dall’Unione europea stessa.

 

Oggi esistono diverse politiche nazionali di contrasto alla violenza sulle donne, esistono strumenti giuridici singoli come la legge italiana sullo stalking, ma non esiste ancora un quadro europeo di riferimento.

 

Per questo, nel 2011 il Comitato dei Ministri del consiglio d’Europa ha approvato la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.

 

Ad oggi, 21 Paesi l’hanno firmata e 22 ratificata, tra cui 14 Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia nel 2013 , Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia).

 

Tuttavia, all’appello mancano ancora altri 14 Stati membri prima di poter dire che tutta l’Unione europea è davvero per la difesa dei diritti delle donne e contro la violenza di genere.

 

Oltre che agire sull’autore del reato, la convenzione prevede un sistema di protezione delle vittime, che devono essere accolte e aiutate all’interno di case rifugio, quelle che in Italia sono i centri antiviolenza in cui le donne possono accedere alla consulenza medica, psicologica e legale, l’allontanamento del violento, la protezione dei minori.

 

Spesso, tuttavia, le vittime di violenza non denunciano il reato, hanno paura di subire ritorsioni e i testimoni dimostrano a volte una certa riluttanza ad intervenire. In questo caso sono molto più accessibili e utili strumenti come le linee telefoniche di assistenza.

 

Gli Stati membri devono dotarsi di linee telefoniche gratuite, attive 24 ore su 24 e sette giorni su sette, per garantire un’assistenza immediata e protetta. Solo nel 2016 l’Unione europea ha speso 24,5 milioni di euro per 62 progetti umanitari contro la violenza di genere.

 

Per il 2017 la Commissione ha stanziato 10 milioni di euro per sostenere interventi sul campo volti a prevenire la violenza di genere e aiutarne le vittime: 4 milioni del programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza per lo sviluppo di pratiche e campagne di consapevolezza nazionali e 6 milioni di euro per progetti transnazionali.

 

L’investimento economico si inserisce nella linea tracciata delle quattro direttive approvate dal Parlamento europeo (contro l’abuso sessuale su bambini, la pedopornografia e il turismo sessuale; sulla prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime; per l’istituzione dell’Ordine di protezione europeo allo scopo di proteggere una persona «da atti di rilevanza penale di un’altra persona tali da metterne in pericolo la vita, l’integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l’integrità sessuale»; per stabilire norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), ma ancora molta strada abbiamo da fare.

 

Il modo migliore per celebrare l’8 marzo è rinnovare con assoluta convinzione e determinazione l’impegno per la tutela dei diritti della donna e la lotta alla violenza guardando le donne dritto negli occhi senza considerare il Paese di provenienza, il colore della pelle, la religione, l’età.

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