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Serracchiani: «Possiamo vincere portando al voto chi si è astenuto»

Debora Serracchiani, il Pd, come ha ammesso Matteo Renzi, non è contento del risultato di questo prime round. Cosa non ha funzionato?

 

«I cittadini sono stati chiamati a scegliere il loro rappresentante più prossimo, il sindaco, e hanno dato un giudizio sull’amministrazione delle loro città. In molti casi si è trattato di un giudizio positivo, in altri casi non siamo stati in grado di spiegare in maniera efficace le cose fatte e i programmi per il futuro. Nei comuni che vanno al ballottaggio abbiamo due settimane per aggiustare le cose intensificando il confronto con gli elettori».

 

Torino e Bologna vanno al ballottaggio, ma per due sindaci uscenti non ci si aspettava un risultato migliore?

 

«Amministrare oggi significa operare scelte complesse in una fase di contrazione delle risorse pubbliche. Questa difficoltà e le scelte talvolta non popolari che comporta, unita alla frammentazione di liste e candidature, rendono sempre più rare le affermazioni al primo turno. È un fenomeno che vale a prescindere dall’appartenenza politica. Sono convinta ad esempio che Piero Fassino e Virginio Merola saranno in grado di sfruttare queste due settimane per spiegare il loro operato e le loro idee per il futuro, e che saranno rieletti».

 

L’affluenza scende, meno del previsto, ma è comunque un segno meno. Quanto influiscono le divisioni nel centrosinistra e nel centrodestra? Più liste civiche, poi, non se non significa più elettori.

 

«Il segno meno dell’affluenza non è un buon dato per nessuno, anche se percentuali simili sono la norma in altri Paesi. Si tratta di una tendenza costante degli ultimi anni che si è affermata parallelamente al discredito della politica. Per invertire la rotta non ci sono buone ricette del passatoda tirar fuori dai cassetti, ma bisogna sperimentare nuove forme di partecipazione e, soprattutto, ridare dignità alla politica e restituire credibilità alla rappresentanza democratica. Ci sono liste civiche autentiche che intercettano il bisogno di gruppi di cittadini di agire politicamente fuori dai partiti organizzati, e quindi aiutano la partecipazione, e ci sono liste personali o mimetiche che creano sacche di pseudopolitica.

 

Roberto Speranza sottolinea come l’alleanza con Verdini sia stata un errore. Ha ragione, alla luce dei dati?

 

«Il Pd è una forza saldamente di centrosinistra: parlano i fatti. Non abbiamo mai confuso le convergenze parlamentari indispensabili per realizzare le riforme con un’alleanza politica organicacon forze di centrodestra. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che la fiducia degli elettori siconquista comunicando idee e realizzando progetti concreti che siano in grado di cambiare la vita delle persone, non facendo operazioni di fantapolitica a tavolino. Se poi ci sono alcune circoscritte situazioni locali, queste non possono assurgere a paradigma nazionale».

 

Cuperlo vi rimprovera di aver continuato a definire, durante la campagna elettorale per le amministrative, il referendum la madre di tutte le battaglie.

 

«Le riforme costituzionali sono l’obiettivo di questa legislatura. Il referendum è il passaggio decisivo per realizzarle e quindi ritengo normale che gli venga data la giusta importanza partendo fin da subito con una campagna elettorale capillare».

 

Nelle grandi città, come Roma, Milano, Torino, il Pd a chi deve guardare in vista del ballottaggio?

 

«Agli elettori. Per riportare al voto chi ci ha dato fiducia, per coinvolgere chi non ha partecipato al primo turno e per convincere, anche chi ha fatto scelte diverse al primo turno, della bontà delle nostre amministrazioni e dei programmi per il futuro delle nostre città».

 

Da dove si ricomincia a Napoli?

 

«È necessario ripartire da una nuova classe dirigente, non c’è alternativa. A Napoli e alla sua politica serve trovare l’orgoglio di essere una metropoli europea, che sfrutta le sue enormi potenzialità e dice basta al degrado. In questo senso il ruolo di opposizione cui siamo chiamati sarà un banco di prova importante per cominciare a dimostrare come intendiamo l’amministrazione della città. È importante che il segretario nazionale del partito abbia detto chiaramente che intende prendere in mano il “caso Napoli”».

 

Luigi Di Maio dice che gli italiani vi hanno restituito il «ciaone».

 

«Con le battute cerca di nascondere la realtà. Nonostante il buon risultato di Roma e Torino nel resto del Paese i M5S confermano una presenza amministrativa sporadica. Anche in questa tornata elettorale, in cui si è votato in 1342 comuni, si sono presentati in 251 e vanno al ballottaggio in 20. E governano, spesso in modo discutibile, in pochissime città».

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