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Sereni: “La solidarietà è vero interesse nazionale”

Caro direttore,

il Covid-19 non conosce confini né colore della pelle, non distingue opinioni politiche né fedi religiose. Mai come oggi abbiamo capito di essere «tutti nella stessa barca», mai come oggi è stato chiaro che «nessuno può salvarsi da solo», come ci ha ricordato papa Francesco. Per questo, il nostro Paese non può non raccogliere l’appello che viene dall’Onu. Il segretario generale Guterres, da ultimo anche con l’intervento dell’8 aprile su ‘Avvenire”, continua a rivolgersi alla comunità internazionale per raggiungere un cessate il fuoco globale e per rilanciare nel nuovo contesto di crisi i 17 grandi Obiettivi Onu per il 2030. Se si continua a sparare nelle aree di conflitto non si farà nulla per contrastare la diffusione del coronavirus. Parliamo di contesti già devastati dalla guerra, con milioni di profughi che hanno dovuto abbandonare case e villaggi, con sistemi sanitari del tutto inadeguati. Parliamo dei nostri vicini.

 

All’appello per il cessate il fuoco hanno aderito, a parole, in tanti. Ma, nella maggior parte dei casi, anziché il tacere delle armi abbiamo visto aumentare l’intensità dei combattimenti. L’Italia e l’Europa debbono rilanciare con forza, in particolare per la Libia, l’impegno per il cessate il fuoco anche alla luce della recente approvazione della nuova missione navale Irini, finalizzata al monitoraggio dell’embargo Onu, di cui il nostro Paese ospita il Comando Generale e ha la responsabilità della guida. Non meno essenziale è anche l’altra iniziativa di Guterres: il “Glohal Humanitarian Response Plan” attraverso cui aiutare i Paesi più vulnerabili a contrastare il virus.

 

Gli obiettivi principali sono, a breve termine, sostenere la risposta sanitaria degli Stati più fragili, e, a medio termine, affrontare le conseguenze indirette della pandemia in termini socio-economici.

In tale contesto, il piano ha come misure prioritarie:

1) consegnare attrezzature di laboratorio essenziali per i test e medicinali per le cure;

2) assicurare l’igiene nei campi e negli insediamenti di sfollati e profughi;

3) lanciare campagne di informazione pubblica sulla trasmissione del virus;

4) creare ponti aerei e hub in Africa, Asia e America Latina per consentire gli spostamenti degli operatori umanitari e i rifornimenti.

 

Se ne è discusso nei recenti G7 e G20, registrando ampio consenso verso tale impostazione. Ora alle parole devono seguire i fatti, anche da parte nostra. Ci sono, poi, almeno altri due terreni di impegno globale. Il primo riguarda il ruolo dell’Oms. L’Italia ha già aderito al Piano strategico di preparazione e risposta definito dall’agenzia onusiana e partecipa alle due iniziative promosse per lo studio del vaccino. Non cessiamo di imparare quanto sia importante condividere le prescrizioni e le misure più efficaci per la lotta al Covid-19, scambiare in modo trasparente e certo informazioni e dati, cooperare nella ricerca scientifica e tecnologica. Con buona pace di sovranisti e nazionalisti questo virus ci costringe a cooperare, a condividere le soluzioni ai problemi comuni drammatici sul piano sanitario ma non meno su quello economico e sociale -, a dare valore alle istituzioni sovranazionali, a puntare su efficacia e forza del multilateralismo.

 

Il virus, infine, ha messo in luce il rischio di una crisi alimentare globale: nei giorni scorsi la Fao ha lanciato l’allarme per le incombenti conseguenze sulle catene di approvvigionamento. Dall’Italia sede di Fao,Wfp e Ifad può partire un’iniziativa volta a scongiurare che agli effetti della pandemia sulle popolazioni dei Paesi più poveri e vulnerabili si sommino quelli della mancanza di cibo.

 

Multilateralismo, cooperazione e solidarietà sono pilastri strategici della politica internazionale del nostro Paese. Assurdo, come si è visto fare da alcuni esponenti dell’opposizione, contrapporre i progetti di cooperazione allo sforzo in atto per sostenere famiglie e imprese italiane. La dimensione e il ruolo di un Paese come l’Italia nel mondo dipendono anche dalla capacità di costruire e alimentare legami di amicizia e solidarietà con aree e Paesi meno sviluppati. Non dovrebbe stupire che il ministro Le Maire, parlando delle misure che la Francia assumerà per combattere le conseguenze dell’epidemia sul piano economico e sociale, abbia messo l’accento anche sui progetti per l’Africa. E forse interesserà sapere che l’Italia è proprio in Africa il primo investitore europeo. Insomma, rivendicare per il nostro Paese il posto che merita nei consessi internazionali significa considerare la cooperazione e l’impegno nelle sedi multilaterali come un vero e proprio investimento. E sapere che, di fronte al virus, essere generosi e solidali è il modo migliore di fare anche i nostri interessi nazionali.

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