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Se cercate un premier che alza le tasse, o cambiate premier, o si cambia Paese

Perché stasera è importante
Perdonatemi se non sarò breve: del resto sono reduce da una visita a Cuba e dunque non potete certo aspettarvi un discorso da 140 caratteri. Giudico la stagione che stiamo vivendo una stagione di straordinario rilievo, destinata ad entrare nella cronaca del nostro Paese: forse non nella storia, perché la storia è troppo grande per occuparsi di noi. Ma nella cronaca sì. La mia convinzione infatti è che ciò che – tutti insieme – stiamo facendo è destinato a cambiare in modo profondo e strutturale la politica italiana. Dopo anni di promesse, questa è davvero la volta buona. Un cambiamento capillare, indelebile, strutturale. La politica si è rimessa a funzionare, l’Italia è ripartita.

 

Il cambiamento non è più solo generazionale
Fino a qualche mese fa, i commentatori parlavano di noi insistendo soprattutto sull’elemento generazionale della nostra sfida. La declinazione della rottamazione era principalmente anagrafica. È vero che questo fattore esiste, ma è vero anche che non è l’unico rilevante. Si è compiuto infatti con questa legislatura il necessario e atteso passaggio generazionale. I quattro candidati principali delle elezioni 2013 appartengono a storie molto diverse l’uno dall’altro ma a una – o forse più di una – generazione diverse da quella che si sfiderà nel 2018. Questo a mio giudizio è un dato acquisito. L’idea che ci sia una classe dirigente più giovane è generalmente accettata – se non addirittura richiesta – nel nostro Paese, ma non è solo questo il punto. E ormai la stragrande maggioranza dei commentatori, anche quelli più critici nei nostri confronti, quelli che continuano a pensare che le cose non vanno bene, che molte cose potrebbero essere fatte diversamente, sta prendendo atto che il cambiamento che abbiamo proposto e imposto alla politica va oltre la carta d’identità. Attenzione! Noi non siamo la causa; siamo piuttosto l’effetto di questa ansia di rinnovamento.

 

Le riforme stanno cambiando l’Italia
Se diamo uno sguardo complessivo sul lavoro che stiamo facendo possiamo renderci conto, senza nascondere le critiche e i problemi, che la riforma del nostro Paese non è soltanto quella istituzionale, della Pubblica Amministrazione, del mercato del lavoro, quella fiscale e quella costituzionale, ma è una riforma del modo stesso di concepire ed intendere la politica in Italia. Il fatto che questo stia avvenendo, in tempi certi e serrati, provoca all’estero una sorpresa. L’Italia è una sorpresa per i commentatori, per gli analisti, per i colleghi primi ministri, molto più di quanto io mi aspettassi. Lasciatemi dire che questo cambiamento è frutto di una scelta politica: altro che tecnici, altro che manager, altro che commissari. Valorizziamo il lavoro di tutti come è giusto e ovvio che sia, ma le scelte che stiamo facendo, anche quelle di valorizzare le figure tecniche, sono figlie di una visione in cui la politica si riprende la sua dignità. Tengo a dire tutto questo qui, in questa sede, perché se di cambiamento possiamo parlare nessuno pensi che arrivi per fattori esterni: il cambiamento avviene perché così ha deciso il più grande partito politico italiano, il più grande partito politico europeo. E’ la politica che sta cambiando l’Italia. Non un’arida tecnocrazia che qui come altrove ha già mostrato i propri limiti di visione e di strategia. E’ la politica che ci salverà, è la politica che ci cambierà.

 

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