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Sala: “La Raggi si è data 7,5? Io mi do un po’ meno”

Scendiamo tre rampe di scale e ci troviamo di fronte a un tunnel lunghissimo, fresco di scavo. Siamo nel sottosuolo operoso di Milano. Il sindaco Giuseppe Sala, 59 anni, stringe mani callose, si fa spiegare dagli ingegneri il funzionamento di alcuni macchinari e di fronte alle prove cromatiche della segnaletica emette una sentenza: «Tra il fondo azzurro e quello blu, preferisco decisamente il blu». Doppio Binario nel cantiere di M4, la metro che collegherà l’aeroporto di Linate con la zona Ovest della città. La pettorina catarifrangente stona con la camicia limpida e croccante, gli scarponcini di sicurezza arricciano un po’ i pantaloni del vestito scuro, ma Sala si muove con una certa agilità tra carriole, pozzanghere e binari provvisori. Parla svelto con cadenza lombarda. Ogni tanto è costretto a urlare per superare il frastuono dei ventilatori e delle trivelle: «Vorreeei che la prima traattaaa… venisse terminaaata… entro il duemiiilaventuuno». Camminiamo al centro di una galleria grigio calcinaccio. Gli riferisco un commento che ha fatto la tassista che mi ha portato al cantiere: «Sala? Bravo, ma ogni tanto spunta qualche ossicino dall’anta dell’armadio». Aggiungo: «Il M5S, ogni volta che la sindaca Raggi viene criticata, sottolinea i guai di Sala con la Procura di Milano». Lui sospira: «Capisco la tassista, ma nessuno si è mai di ipotizzare che io abbia fatto qualcosa per il mio interesse personale». Lo scorso dicembre le indagini sugli appalti Expo hanno portato il sindaco a una breve autosospensione. Ora ipotizzano reati come falso e turbativa d’asta: «Se oggi lei mi domandasse che cosa farò in futuro, dovrei rispondere che dipende da come finirà questa vicenda. La mia filosofia è fatta di impegno massimo giornaliero e un po’ di fatalismo».

 

Le accuse riguardano il periodo in cui era Commissario per l’Expo: l’appalto della “Piastra dei Servizi”, le firme su atti falsi, gli acquisti di alberi…

«I lavori pubblici sono soggetti a un sistema di burocrazia devastante. È difficile uscirne indenni. Le posso fare un esempio?».

 

Certo.

«L’Avvocatura dello Stato e l’anti Corruzione hanno dato l’ok prima che chiudessimo i conti con il fornitore degli alberi».

 

È una chiamata in correità?

«No, però mi chiedo: qual è lo Stato? Quello che verifica la congruità di un acquisto o quello che mi rinvia a giudizio per quello stesso acquisto? È disorientante, no?».

Sala (disorientato?) tira dritto verso il fondo buio di una galleria. Un operaio gli indica la retta via. Torna indietro. Sorride e si rivolge al codazzo che lo segue: con noi ci sono i responsabili del cantiere e delle imprese di costruzione. La butto lì: «Ha intenzione di dedicare una fermata della nuova linea o una strada a Bettino Craxi?». Risposta poco diplomatica e sbrigativa: «Non mi pare che ci sia il consenso e in questo momento ci sono altre priorità». Annuncia: «Questa sarà l’ultima metropolitana cittadina di Milano». Chiarisce: «Poi dovremo lavorare sulle tratte esterne, anche per limitare l’invasione quotidiana di automobili». Il sindaco srotola dati sulle prospettive del bike sharing e sulla costruzione di biciclette in Cina, come fossero uno scioglilingua. Dice: «Oggi tutti i milanesi si dicono favorevoli all’apertura dei Navigli. E sono felice perché è un progetto molto contemporaneo legato alla tradizione della città. Però vorrei informarli di più: i costi sono alti, la viabilità cambierà molto e i lavori saranno lunghi. Vorrei che i milanesi ne fossero consapevoli. Per questo ho proposto un referendum. Ma io ci credo». Sull’eventuale metro per Monza e sulla candidatura «Nel centrosinistra non vedo questa grande volontà di stare insieme. Servirebbe discutere di più dei problemi del Paese» dì Milano a sede dell’Agenzia Europea del Farmaco, Sala spiega che la città farà il dovuto, ma la politica e il governo dovranno fare il resto.

 

Com’è il suo rapporto con il premier Paolo Gentiloni?

«Buono. Poche ore dopo l’uscita della notizia del mio rinvio a giudizio mi ha mandato un messaggio molto affettuoso».

 

Matteo Renzi le ha scritto?

«No. In realtà ci siamo sempre sentiti poco».

 

Lei era considerato un turbo-renziano. Dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre consigliò a Renzi un annetto di pausa dalla politica.

«Penso ancora che fosse un buon consiglio».

 

Ha dichiarato che tra lei e Renzi ci sono molte differenze.

«Entrambi non abbiamo un carattere facile, ma io tendo a essere più inclusivo, avvolgente, meno conflittuale. Matteo fa fatica a farsi voler bene da molte, troppe, persone».

 

Catalizza odi e amori?

«In questo si è sostituito a Berlusconi. lo sono molto amico di Enrico Letta: è lui che mi ha voluto per primo come Commissario per l’Expo, eppure nessuno mi ha mai etichettato come turbolettiano». Siamo una ventina di metri sotto terra. Di fronte a noi c’è la mega-trivella con sei metri di diametro che buca il terreno e puntella la galleria. È una talpa meccanica enorme. Sala racconta: «Mi hanno chiesto di battezzarla. Le ho dato il nome di mia madre: Stefania. Il giorno della manifestazione in favore dell’accoglienza ai migranti mamma ha voluto essere in piazza al mio fianco. Ha ottantasette anni». Faccio notare che in Italia, oggi, il tema dei migranti è ad alta tensione: a Brescia è stata tirata una molotov contro un hotel destinato a ospitare una trentina di rifugiati. Replica: «C’è stato anche un blitz di CasaPound in municipio. C’è un rigurgito fascistoide, che non va drammatizzato, ma nemmeno sottovalutato. È giusto ricordare che Milano è una città profondamente antifascista. E quello dell’immigrazione non è un tema, è “il” tema. Molti milanesi, soprattutto nelle periferie, sono spaventati, sono in sofferenza».

 

La Lega e il centrodestra vincono alle Amministrative e avanzano nei sondaggi perché interpretano questa paura meglio del Pd?

«Le elezioni amministrative sono state un warning che andrebbe ascoltato a livello nazionale. Ma non penso che nell’animo dei miei concittadini ci sia la voglia di alzare muri».

 

Lei è considerato un sindaco accogliente.

«Credo che la vocazione internazionale di Milano passi anche attraverso l’accoglienza. Considero un po’ ipocrita la distinzione tra migranti economici e politici e penso che ci sia un problema di racconto».

 

Un problema di racconto?

«Sì. Il racconto delle prospettive e delle soluzioni. Accogliere non vuoi dire far stare gli immigrati con le mani in mano a bighellonare tutto il giorno. Credo che i milanesi e gli italiani coltivino un sentimento di giustizia dentro di sé, ma vorrebbero vedere queste persone al lavoro».

 

Le faccio un’obiezione classica da bar: Sala quanti immigrati ospita a casa sua?

«Le posso rispondere contando le ore che dedico a questo argomento. Tante. Penso che dovremmo ispirarci al modello tedesco: corsi di italiano e lavoro retribuito anche come condizioni dell’accoglienza».

 

A Sesto San Giovanni il candidato del Pd ha annunciato la costruzione di una moschea e…

«…ha perso anche per quello. Lo so».

 

Lei ha detto che ne vuole costruire più di una.

«Non cambio idea. A Milano ci sono 70mila cittadini musulmani. E il diritto alla professione della propria fede è garantito dalla Costituzione». Sala ispeziona il quadro comandi della trivella. Dico: «Lei e Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, sull’immigrazione siete in sintonia». Gori potrebbe essere il candidato giusto per la presidenza della Regione Lombardia? Annuisce: «Sì. Abbiamo un modo di vedere le cose molto simile. Ma non sarà facile battere Maroni». Il sindaco di Milano sostiene che il centrosinistra sia troppo concentrato sulle tattiche da schieramento: «Alla fine andremo alle elezioni con il proporzionale e quindi tutti i discorsi sulle alleanze di Renzi con Pisapia o con Berlusconi vanno rimandati al dopo voto».

 

Il centrosinistra secondo lei non si presenterà unito?

«Non vedo questa grande volontà di stare insieme. Il Pd dovrebbe discutere di più di come risolvere i problemi del Paese. E sarei più prudente con questi peana a Macron e al suo modello».

 

Lei nel 2011 votò Pisapia sindaco.

«Ci mancherebbe altro».

 

Aveva appena collaborato con la Giunta azzurra di Letizia Moratti.

«Come civil servant. lo ho sempre votato a sinistra».

 

Davvero?

«Ho votato Pci, Pds e Ds. Quando ero all’Università ho dato una preferenza ai repubblicani e poi ai radicali».

 

Da ex radicale è antiproibizionista?

«Tendenzialmente sì».

 

È favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere?

«L’alcolismo mi sembra una piaga più grave del farsi una canna ogni tanto».

 

Da uomo di sinistra come è finito a fare il direttore generale della Giunta Moratti, sostenuta da Lega e Forza Italia?

«Venivo da 19 anni alla Pirelli. Ero stato direttore generale della Telecom e all’epoca ero assistente di Marco Tronchetti Provera. L’idea di propormi a Moratti venne a Bruno Ermolli che lavorava con Berlusconi. La convocazione mi arrivò mentre stavo in mezzo all’Atlantico».

 

L’Oceano?

«Sì, a metà strada tra le Canarie e i Caraibi. Stavo facendo una regata. Un mese dopo ero a Palazzo Marino». Saliamo sulla cosiddetta “parigina”, un trenino per minatori rumorosissimo che si muove su un binario provvisorio e riporta in superficie chi lavora con la talpa. Fa caldo e si suda. Gli spazi sono piuttosto stretti. Sala: «Qui è grande quanto la palestra dove mi alleno».

 

Gli obiettivi sportivi del sindaco?

«Vorrei continuare a giocare a calcio con i colleghi almeno fino al prossimo anno».

 

Ha mai fatto un lavoro manuale?

«Mio padre era un piccolo imprenditore brianzolo dell’arredamento: mi ha insegnato a saldare e mi ha trasmesso l’etica del lavoro. A diciott’anni ho cominciato a gravitare su Milano per studiare alla Bocconi».

 

Anche Chiara Appendino, sindaca 5 Stelle di Torino, ha studiato alla Bocconi.

«Con lei ho un ottimo rapporto. La stimo».

 

L’incidente di piazza San Carlo, con i 1.400 feriti dopo la finale di Champions, era parabile?

«Non si può prevenire tutto. Ma i divieti sulle bottiglie andavano applicati. Mì chiedo se gli uffici del Comune abbiano messo il sindaco nelle condizioni di non sbagliare».

 

Virginia Raggi dopo un anno di sindacatura si è data un bel 7,5. Lei?

«lo mi do un po’ meno». Scherza? Elenco un po’ di polemiche relative all’amministrazione Raggi: le funivie, i limiti di velocità in una strada a scorrimento veloce piazzati per sopperire all’incapacità di tappare le buche, la chiusura estiva delle fontanelle pubbliche… Sala sorride. Poi si fa magnanimo: «Roma non è facile da gestire».

 

Non faccia la difesa d’ufficio della collega romana.

«E chiaro che nel momento in cui ti candidi devi essere consapevole delle difficoltà a cui andrai incontro. Ma io ho 59 anni e con tutta l’esperienza che ho sulle spalle, avrei paura ad affrontare la macchina amministrativa della Capitale»

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