Ettore Rosato, tutti aspettano – in primis il Colle – l’esito della Direzione Pd. Come finirà?
«È chiaro che sarà una discussione che riguarda in modo importante il profilo del nostro partito e per un pezzo anche il futuro del Paese. E finirà senza spaccature».
Voterete per un sì al dialogo, ma con condizioni capestro? Non si toccano le riforme come il Jobs act e la Buona scuola?
«Valuteremo. La mia idea è che così posta sia una strada sbagliata. Lasciamo che si sviluppi il dibattito nella sede competente. È evidente che pensare di fare un governo che dica no alla Tav, al Tap, ai vaccini, o al Jobs act, con il Pd sarebbe esercizio di pura fantasia. Sarebbe un governo in cui il Pd non c’entra nulla. Quindi più che condizioni, queste sono pre-condizioni per qualsiasi dialogo. Comunque credo che il governo lo faranno Salvini e Di Maio e che questa discussione sia abbastanza accademica».
Salvini però nega di avere intenzione di mollare Berlusconi. Voi pensate che bluffi e che lunedì taglierà il nodo per andare con Di Maio?
«Salvini e Berlusconi sono entrambi nella mia città, a Trieste, per fare campagna elettorale per le regionali, separati per prendere più voti e perché la Lega è in competizione con Forza Italia, quasi più che con il Pd. E poi i segnali che ha dato Di Maio dopo le aperture – generosissime – di Martina, seguite all’incontro con Fico, sono stati: discontinuità con i governi Pd, conferma delle loro battaglie e preoccupazione per i presunti attacchi di Mediaset a Salvini. Io ci leggo un messaggio politico ben chiaro: una chiusura a noi e un’apertura alla Lega».
Non crede al voto anticipato a settembre come esito di questo stallo?
«Lasciamo al Presidente della Repubblica di fare il suo difficile lavoro. Non voglio che il mio partito sia coinvolto nella funzione di spartitraffico tra la Lega e i Cinque Stelle».
E se Salvini non mollasse Berlusconi la prossima settimana come finirà la vostra Direzione?
«Con senso di responsabilità e senza fratture al suo interno, anche perché mi sembra che nel partito e tra i dirigenti non sprizzi questo entusiasmo verso il governo con i grillini».
Pensate davvero che i «governisti» del Pd vogliano solo indebolire la leadership di Renzi?
«Che ci siano dinamiche interne in questa discussione è difficile negarlo. Ma sono convinto che le scelte saranno fatte tutte valorizzando l’interesse generale e non fattori che nulla hanno a che fare con le scelte di governo. In altre parole, al Paese non serve che il Pd si spacchi».
A proposito, anche lei si unisce al coro di quelli che invocano un ritorno di Renzi per gestire questa fase?
«Bella la provocazione di Giacomelli, che stimola una riflessione sulla necessità di una leadership nel Pd. E Casini ha ragione quando dice che ci si può dimettere da segretario e non da leader. Ed è evidente che Renzi è indispensabile al Pd anche se non fa il segretario».
Andrea Orlando propone primarie aperte sull’accordo tra Pd e grillini. Contrario?
«Sono anni che le minoranze interne chiedono di dare un ruolo agli iscritti: e adesso vogliamo che siano gli elettori grillini a decidere di fare un accordo con i grillini? Ma voglio prendere l’aspetto positivo, ovvero che vi sia una larga condivisione su qualsiasi scelta».
Dica la verità: Renzi non vuole che siano organizzate primarie contro la sua linea?
«Figuriamoci. Sbaglia chi pensa che ci siano i renziani contro l’accordo e gli altri a favore. La base del Pd è molto eterogenea su un tema così delicato. E secondo me casomai dovrebbe esserci tutto il partito a sostenere una scelta di cambiamento così radicale. Insomma qualsiasi dialogo si può intavolare solo con un Pd unito. Viceversa non è pensabile neanche l’avvio di un confronto».